Welfare innovativo

Un profondo ripensamento della normativa riferita al telelavoro, da utilizzarsi quale leva di produttività per l’azienda e di soddisfazione per il dipendente, ormai si impone: nel post  Una legge per lo Smart Working abbiamo dato conto di come il legislatore si sta muovendo per cercare di trovare nuove soluzioni. Un contributo alla riflessione in atto viene oggi da Lavinia Serrani, research fellow di Adapt: quello che occorre è un sistema di contrattazione collettiva di tipo promozionale, incentivante per le aziende e per il lavoratore.

Lo studio incrociato della teoria e della prassi del telelavoro in Italia, permette di rilevare le ragioni concrete del mancato decollo dell’istituto nel nostro paese. 

Dalla suddetta analisi, a livello prettamente giuridico, è emerso come uno dei principali problemi risieda nel fatto di non aver saputo cogliere l’essenza giuridica del telelavoro, spesso declinato e disciplinato, tanto nella teoria quanto nella prassi, come una qualunque tipologia contrattuale destinata ad essere inapplicata, e non invece come una nuova forma di organizzazione del lavoro, da utilizzarsi quale leva di produttività per l’azienda e di soddisfazione per il dipendente.

Se il telelavoro è una modalità nuova di organizzazione del lavoro, è evidente che applicare ad esso le stesse regole degli altri contratti, non comporta uno sviluppo vero e reale della fattispecie. La ragione, dunque, per cui gli operatori – le aziende in particolare – ritengono che la normativa – sia essa legislativa o contrattuale – sia ormai inadeguata, è perché parifica una modalità di lavoro che si svolge attraverso l’uso delle tecnologie, in mobilità, a distanza, ad una qualunque altra forma di lavoro, e la disciplina in termini difensivi, per evitare che il lavoratore venga meno tutelato, che vengano pregiudicati i suoi diritti a livello individuale o collettivo.

I dipendenti di palazzo d'Aronco potranno lavorare da casa. Risparmio per il Comune, mentre i lavoratori avranno la possibilità di conciliare il lavoro con la vita privata.

Da anni, in Italia e non solo si parla di “telelavoro”. Spesso però questa innovativa modalità di lavorare viene considerata un’ipotesi remota, guardata con scetticismo e relegata a un futuro non meglio precisato. Da oggi, tuttavia, il Comune di Udine si aggiunge a quelle, ancora poche, amministrazioni pubbliche italiane che consentiranno ai propri dipendenti di utilizzare uno strumento di lavoro che aiuti concretamente lavoratrici e lavoratori.

La giunta comunale, su proposta dell’assessore al Personale, Cinzia Del Torre, infatti, ha approvato il regolamento che d’ora in avanti consentirà ad alcuni dipendenti e in base a precisi criteri e normative, di poter lavorare da casa. Il nuovo regolamento – spiega l’assessore Del Torre – entrerà pienamente a regime nel 2015, ma già da quest’anno si potranno avviare dei progetti di telelavoro in via sperimentale. A questo scopo abbiamo dato mandato ai dirigenti dei vari servizi di avviare una fase di monitoraggio delle attività telelavorabili e del personale disponibile ad effettuarlo. L’amministrazione comunale provvederà quindi ad individuare analiticamente, fra le attività svolte dal personale dipendente, quelle che possiedono le caratteristiche stabilite nelle attività telelavorabili, approvando il relativo elenco ufficiale che sarà aggiornato almeno ogni tre anni".

Il neoministro tedesco della famiglia, Manuela Schwesig, ha rivelato durante un’intervista al Bild il suo progetto per facilitare le nascite.  Il tasso di natalità è fermo all’8,4 ogni mille abitanti, il peggiore tra tutti i paesi dell’Unione Europea. 

Telelavoratrice felice. Questa è la migliore definizione per quanto riguarda la mia vita lavorativa. Ma non è sempre stato così. Dipendente pubblica dal 2005, ho scelto di essere anche mamma. Al rientro in ufficio, dopo la mia terza gravidanza, la gestione del tempo è diventata un problema. Ho chiesto di entrare prima al mattino, per poter attraversare la città quando ancora tutta la mia famiglia dormiva e raggiungere in 50 minuti il mio ufficio. Con acrobazie sulla pausa pranzo, potevo ributtarmi fuori nel traffico in tempo per iniziare la raccolta dei bambini, rigorosamente in tre edifici scolastici differenti e non vicini. Così riuscivo a ridistribuirli a danza, in piscina ecc… Tutto questo poteva funzionare se nessuno si ammalava o se non rimanevo bloccata nel traffico del centro.