Donne protagoniste

Patrizia Grieco, neo presidente dell’Enel e una lunga carriera da capo azienda prima in Italtel, poi in Siemens e Olivetti.

Le donne chiamate ai vertici dei gruppi pubblici e delle istituzioni stanno disegnando una nuova leadership in Italia?
«Siamo di fronte a un’occasione straordinaria. L’incoraggiamento legislativo, con le cosiddette quote di genere, e le nomine volute dal governo Renzi, mettono le donne in grado di diventare veri e propri agenti del cambiamento».

Possiamo parlare di donne e potere o questo binomio è ancora tabù?
«Le cose stanno cambiando rapidamente, ma certo le donne hanno fin qui diffidato del potere, quando non ne hanno avuto paura, per un retaggio culturale tra i più pesanti e penalizzanti per l’intera società. Il potere non è buono o cattivo. Dipende da come lo usi».

Enit, Istat, Agenzia delle Entrate, Agenzia del demanio, Agenzia dei beni confiscati e Consob. È una raffica di nomine quella annunciata ieri sera dal presidente del Consiglio. Se si esclude l’Anac, Agenzia nazionale anticorruzione, si tratta di sette poltrone, tra cui anche quella di ambasciatore d’Italia alla Nato. Di queste, tre vengono affidate alle donne.
Rossella Orlandi è il nuovo direttore dell’Agenzia per le Entrate e prenderà il posto di Attilio Befera. Anna Genovese occuperà il ruolo vacante di commissario della Consob. Al vertice dell’Istat Giorgio Alleva succede all’ex ministro del Lavoro del governo Letta, Enrico Giovannini. All’Enit, l’agenzia nazionale per il turismo, arriva Cristiano Radaelli, mentre Stefano Scalera mantiene la guida dell’Agenzia del demanio. Umberto Postiglione è stato nominato all’Agenzia dei beni confiscati. Per finire, Mariangela Zappia, classe 1959, arriva alla rappresentanza presso l’Alleanza atlantica a Bruxelles, al posto di Gabriele Checchia, che passa all’Ocse a Parigi.

Lirica e classica: un mondo «macho». Marginale, quasi nulla la presenza femminile ai vertici delle istituzioni operistiche e sinfoniche italiane (solo il 3,9%). E anche sul versante artistico non va meglio. Le donne in orchestra restano una minoranza, come registe o scenografe, per non parlare delle compositrici, vera rarità in un panorama tutto al maschile. A fotografare questa realtà imbarazzante è l’inchiesta sul numero di Classic Voice , da ieri in edicola.I dati che emergono sono sconfortanti: nelle 14 fondazioni liriche italiane troviamo solo una donna sovrintendente, Rosanna Purchia al San Carlo di Napoli, peraltro affiancata da un commissario straordinario. A cui si aggiungono Maria Di Freda, direttore generale della Scala di Stéphane Lissner, e Sabrina Cuccu, direttore degli allestimenti scenici al Lirico di Cagliari. Totale, il 3% degli enti lirici. E nessuna compare negli elenchi dei direttori artistici, dei direttori musicale o del coro.

Il Leone d’oro della XIV Biennale di Architettura è andato a un non architetto. Lo ha ritirato ieri a Venezia la canadese Phyllis Lambert, per gli amici la Joan of Architecture (una specie di Giovanna d’Arco dell’architettettura), 87enne milionaria di Montreal dalla vita stravagante e dalla passione per l’architettura.

Filantropa, promosse con il padre la costruzione di un’icona del XX secolo, il Seagram Building a New York (375 Park Avenue), capolavoro del Funzionalismo. Il padre, Samuel Bronfman (lei ha preso il nome del marito) era un industriale di liquori che si avvantaggiò con il Proibizionismo. Per costruire il grattacielo di famiglia, l’ereditiera neanche trentenne lasciò Parigi e il marito banchiere (era cugino dei Rothschild) e si mise a cercare architetti. Quelli scelti dal padre non gli andavano affatto bene. Fece colloqui con Pei, Le Corbusier e Wright, ma alla fine scelse l’anziano esule tedesco fuggito dai nazisti Mies van der Rohe, che realizzò l’edificio insieme all’odiato Philip Johnson, il guru dell’International style. Anche nel suo recente libro, Building Seagram, la Lambert parla di Johnson come di un «genio dell’autopromozione». E, forse, non a torto.