Innovazione

Si è aperta ieri a San Francisco l’annuale conferenza degli sviluppatori per i sistemi operativi di Mountain View. Android è già usato da oltre un miliardo di persone, ma ora si cresce e si allarga oltre smartphone i tablet.

“Android raddoppia ogni anno”, esordisce Sundar Pichai. Così, sul palco del Moscone Center di San Francisco, il senior vice president, Android, Chrome & Apps apre Google I/O, l’annuale conferenza degli sviluppatori di Mountain View. Android oggi è utilizzato da più di un miliardo di persone su smartphone e tablet. Quotidianamente scambiano oltre 20 miliardi di messaggi di testo e scattano 93 milioni di selfie. Ma non basta: Google, come Microsoft, come Facebook, come altri grandi dell’hi-tech punta al prossimo miliardo, le popolazioni dei Paesi emergenti, e così Pichai annuncia AndroidOne, una collaborazione con vari produttori hardware e operatori telefonici per produrre smartphone a basso costo ma capaci di sfruttare a fondo le potenzialità di Android anche dove le reti cellulari non sono velocissime. Il primo modello sarà in vendita a breve in India a meno di cento dollari.  

Consolidamento delle iniziative in essere – open wi-fi, open data e isole digitali -, ma soprattutto attivazione di nuovi portali a servizio di cittadini e imprese e forte spinta sul progetto smart city. Questi gli obiettivi che il Comune di Milano si è posto per il 2014.

“L'Agenda digitale della città è partita nei primi mesi del mandato di questa amministrazione ed è confluita all'interno del più vasto progetto Milano Smart City”, racconta ad Agendadigitale.eu l’assessore alle Politiche per il lavoro, Sviluppo economico, Università e ricerca, Cristina Tajani, la quale ha in capo le deleghe per l’Innovazione e l’Agenda digitale e ha anche il ruolo di coordinatrice del progetto Milano Smart City. “Già nei primi mesi del mandato della giunta è stata emanata la delibera relativa alla realizzazione della rete wi-fi e subito dopo è partito il progetto sugli open data che oggi raccolgono oltre 200 dataset – continua l’assessore -. 

Se, come si afferma in studi della Commissione Europea, nel 2020 il 90% dei lavori avranno una componente di competenza digitale significativa e saranno necessari da 600 mila a 900 mila nuovi professionisti ICT in Europa rispetto alla tendenza attuale, tutte le iniziative che sposano sviluppo delle competenze digitali e dinamiche del mercato del lavoro, domanda e offerta, sono di alta valenza strategica per tutti i Paesi. L’Italia in modo particolare, dato l’intreccio perverso che porta, allo stesso tempo, alta disoccupazione, soprattutto giovanile e femminile, e basse competenze digitali, anche specialistiche ICT.

Ma le esigenze stimate dalla Commissione UE per l’Italia (dai 60 mila ai 100 mila nuovi professionisti ICT) non pongono solo il tema di come far sì che il sistema educativo riesca a formare questi professionisti (e non sono in pochi a pensare che la situazione attuale è da cambiare) ma anche e soprattutto che questi numeri non sono già determinati, ma potenziali: si concretizzano se allo stesso tempo le aziende  e le amministrazioni pubbliche sono in grado di avere una visione di innovazione sfruttando le opportunità del digitale, le scuole e le università riescono a formare profili coerenti nella quantità necessaria, se i cittadini riescono ad essere, grazie alle proprie competenze digitali, traino anch’essi per la progettazione e la realizzazione di nuovi prodotti e servizi innovativi.

Si chiude oggi a Trieste la quarta edizione della conferenza internazionale State Of The Net, nata per fare il punto sul mondo digitale e immaginarne possibili evoluzioni.

Creatività, apprendimento, intelligenza, condivisione, cambiamento: sono queste le parole, ma soprattutto i concetti principali emersi dalle prime intense giornate di State of the Net a Trieste. Quella che si chiude oggi è la quarta edizione della conferenza internazionale nata per fare il punto sul presente della Rete, e ancor più sul suo futuro. 

SMART - E allora bisogna partire proprio dal termine smart, che ormai ricopre come una specie invasiva ogni discorso tecnologico e che rischia però di rimanere vuoto e indistinto. Che cosa sono le reti, gli apparecchi, le città “intelligenti”? A riflettere su questo concetto ci ha pensato Luca De Biase, giornalista e innovatore, che ha ricordato come il termine abbia cominciato a diventare di tendenza con la campagna presidenziale di Obama nel 2008, per poi rinsecchirsi sotto forma di passe-partout delle pubbliche relazioni, fino ad arrivare all’aberrazione delle armi intelligenti. Ma che cos’è l’intelligenza applicata alla macchine? Forse qualcosa di molto più prosaico e utile dei discorsi sull’intelligenza artificiale, qualcosa che tenga conto della nostra crescente scarsità di tempo e della contemporanea dilatazione degli spazi, una soluzione digitale che ci aiuti a vivere in un mondo con simile coordinate. Anche in una chiave di sostenibilità ambientale. “Perché una cosa digitale è smart, se migliora condizioni della vita analogica; o l’accesso alla conoscenza. Se facilita l’innovazione senza che chi la propone debba chiedere il permesso, come garantisce oggi la net neutrality. Se aiuta la collaborazione in un contesto civico”, ha spiegato De Biase.