Donne protagoniste

Arrivo al Lincoln Center di New York in occasione del quinto incontro di «Women in the World». Alle dieci di mattina il teatro è affollato come per la prima di un’opera. In due giorni e mezzo al Lincoln Center donne straordinarie di tutto il mondo esprimono il loro punto di vista, le loro preoccupazioni, i loro propositi. Si parla dell’informazione vista attraverso gli occhi di una donna. 

Diane Von Furstenberg, Tina Brown, l’ambasciatore americano presso le Nazioni Unite Samantha Power (la più giovane in assoluto) parlano con orgoglio dell’evento. La sera prima all’Onu il Dvf Award (50 mila dollari), è stato dato per il quinto anno ad alcune donne eccezionali per il lavoro, il coraggio nel lottare per esistere. «Donne capaci di trasformare la loro lotta in leadership», dice Diane Von Furstenberg e lo ripeterà più tardi, intervistata sul palco. 

Tina Brown intervista l’ambasciatore Power, una giornalista che ha vinto il premio Pulitzer. Parlano di Uganda, di Siria, della situazione dei gay in Africa, di terrorismo, dell’Ucraina e dell’Africa centrale. Poi, due donne indiane introdotte da una breve lettura di Uma Thurman, raccontano la loro disperazione per la condizione delle donne indiane e l’atrocità degli stupri impuniti. Per loro è stata una grande opportunità poter parlare in pubblico. 

Conversazione con la prima astronauta italiana della storia, tratta dal libro “Da Baikonur alle stelle – Il Grande Gioco spaziale” (curato da Daniele Lazzeri del Nodo di Gordio e centro studi Vox Populi). Il tomo è stato presentato lo scorso 10 aprile a Roma durante il convegno "C’è spazio per il futuro", patrocinato da Asi, Cnr e Ambasciata della Repubblica del Kazakhstan in Italia
Nel novembre del 2014 sarà la prima donna astronauta italiana a volare nello spazio, raggiungendo la Stazione spaziale internazionale (Iss). Ma Samantha Cristoforetti, nata a Milano benché originaria di Malè in Val di Sole in Trentino, dove è anche cresciuta, assicura di essere stata soprattutto fortunata.

Eppure lei ha superato una selezione, con la scelta di soli 6 astronauti, superando la concorrenza di 8.500 candidati. Un premio alle sue qualità o anche all’impegno italiano nel settore?
Indubbiamente la mia scelta rappresenta un’opportunità offerta all’Italia anche in rapporto al costante impegno del nostro Paese nel settore spaziale, basti pensare a tutta l’attività dell’Agenzia Spaziale Italiana. Un impegno per la stazione spaziale internazionale che procede su due binari, da un lato con l’Agenzia spaziale europea e dall’altro con la Nasa. D’altronde l’Italia è protagonista nella realizzazione degli aspetti logistici, con i moduli dell’Iss.

Mina Pirovano è un’imprenditrice, una mamma, e anche una che cerca di cambiare il mondo. Chi la vuole immaginare deve pensare a una signora bionda, 44 anni, pragmatismo e parlantina a profusione. A proprio agio in Assolombarda, il salotto buono dell’industria milanese. Ma anche seduta davanti a un tè a Dubai, concentrata nell’impresa di convincere un potenziale compratore. Cosa vuol dire fare andare d’accordo famiglia e lavoro? Mina Pirovano lo ha scoperto fino in fondo un pomeriggio di primavera di cinque anni fa.

«Allora mi occupavo dell’azienda di famiglia — racconta — settore manifatturiero, stampaggi in plastica per l’industria automobilistica o degli elettrodomestici. La mia seconda passione era il mondo dell’associazionismo rosa, forse per il senso di uno squilibrio nel mondo del lavoro troppo evidente. Così, insieme con la Camera di Commercio di Monza, avevo organizzato gli Stati generali dell’imprenditoria femminile. Il giorno prima del simposio mio figlio, malato da qualche tempo, si sentì male. Le gambe paralizzate, non riusciva più a muoversi. Non l’avevo mai visto così. Rimasi con lui in ospedale il giorno e la notte. Alle cinque del mattino mi misi un tailleur, mi truccai davanti allo specchio di quella stanza d’ospedale. Andai al convegno perché lo dovevo a tutte le persone che si erano mobilitate con me. Ma soprattutto perché me lo aveva chiesto mio figlio. Ma dentro avevo già detto basta. Conciliare gli impegni sempre più pressanti del lavoro con la mia situazione familiare era diventato impossibile. Abbandonai l’azienda: mio figlio veniva prima».

L'appello ai cittadini della senatrice e ricercatrice: è bello studiare l'ignoto, provateci.

Elena Cattaneo, senatrice a vita e ricercatrice, tra gli ospiti di "Next  -  Repubblica delle Idee". Dal suo punto di vista di studiosa e di persona che lavora nei palazzi della politica, cosa significa innovare?
"Quando si parla di innovazione si pensa sempre alle start up, all'imprenditoria e al desiderio di passare subito all'azione. Passa il messaggio che è solo questo che può fare da traino all'economia. Ma le cose non stanno così: il vero traino sono lo studio, la scuola, l'università. E la ricerca. Se questa non viene percepita come un bene comune, come un'area di esercizio della creatività, viene meno la linfa vitale che regge l'innovazione".

Che percezione si oggi ha della ricerca scientifica?
"In Italia sembra che sia qualcosa che è legato solo al mondo accademico o a chi è in grado di trasformarla in impresa. Invece dovrebbe essere coinvolta tutta lasocietà nella bellezza di scoprire e indagare l'ignoto. Perché il concetto fondamentale che sta alla base dell'innovazione è la cultura della ricerca che deve diventare patrimonio di tutti. E poi il resto viene da sé: il cittadino assetato di conoscenza è spinto a innovare. Ci sono tantissime start up che nascono intorno e dentro alle università, ma questo accade proprio perché ci sono scienziati e professori che non ci pensano nemmeno a creare un'impresa. Sono persone impegnate a studiare".