Politiche di genere

“Donne che fanno la differenza” è il titolo dell’incontro organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Udine allo scopo di offrire alle donne dei modelli di riferimento invitando le aziende a farsi avanti per coltivare i talenti a disposizione…

Aperti dall'assessore regionale alle Finanze ed alle Politiche comunitarie, Francesco Peroni, e dal rettore dell'Ateneo friulano, Alberto Felice De Toni, i lavori sono iniziati all’insegna dell’interesse da parte del mondo politico e accademico nei confronti dei talenti femminili. “Le donne possono arrivare in alto e dare molto”: con queste parole ha esordito infatti lo stesso rettore De Toni osservando che il mondo dell’Università e della politica regionale hanno già dimostrato ampiamente questo dato di fatto. L'assessore Peroni ha anche  detto che la parità di genere “non è egualitarismo fine a se stesso ma è parte del principio di eguaglianza”, ricordando quanto abbia significato, in termini di ricaduta sociale e di avanzamento dei diritti della persona, il percorso d'integrazione avviato in ambito comunitario. In Italia – seppur in ritardo rispetto ad altri Paesi – la realizzazione della parità di genere sta facendo passi avanti anche grazie a una legislazione recente che “introduce in modo imperativo questo principio nell'assetto della governance di banche e società, con riflessi che si stanno vedendo anche in Friuli Venezia Giulia specie per quanto riguarda le partecipate regionali” ha aggiunto l’assessore.

Dopo queste premesse che hanno dato una valutazione rosea dell’attuale situazione di fatto nel Friuli Venezia Giulia, Marina Brollo, in qualità di direttore del dipartimento di Scienze giuridiche, ha presentato il bilancio sull'attività della "Banca dati dei Talenti femminili" dell'Università di Udine, un progetto finanziato da Regione, Fondazione Antonveneta e Confindustria Udine e “ideato per dare un'occasione di lavoro e di carriera alle donne, intrecciando le misure di diritto diseguale con la valorizzazione del merito”.

Mancanza di fiducia in se stesse, blocchi psicologici e i soliti sensi di colpa: così le donne riescono ad auto-sabotarsi al lavoroanche se non lo sanno. Un’auto-convinzione che le porta spesso a rinunciare ad ogni ambizione e a dedicarsi in modo esclusivo ai figli e alla casa. Il gender pay gap è una realtà che le donne che lavorano conoscono bene ma c’è un altro divario con cui adesso fare i conti: il confidence gap. Lo rivela un sondaggio dell’Istituto SWG che prende spunto dal bestseller di due giornaliste americane “The confidence code”. Il libro mette in luce come le donne, a causa della scarsa fiducia riposta nelle loro capacità, siano in grado di auto-sabotarsi sul lavoro, alimentando in un circolo vizioso e insuperabile il divario esistente nei confronti dei loro colleghi maschi.

Dito puntato però verso la società “maschilista” che a chi si mostra troppo assertivo e conciliante non concede attenzione: lungi dal pensare quindi che si tratti di un difetto personale e intrinseco alle donne. Il sondaggio, condotto su un campione di 400 donne italiane tra i 18 e i 64 anni, prevede diverse domande accomunate da un unico filo conduttore: esistono blocchi psicologici tutti “al femminile”, in grado di auto-sabotare le donne al lavoro? Ecco i risultati.

Al primo Polimi Women Summit, a Milano, studentesse del Politecnico di ieri e di oggi a confronto sulla diversità di genere. Per conoscere tutte le strategie utili a diventare leader

Sono ancora poche ma stanno crescendo. Sono studiose, hanno i voti migliori. Trovano lavoro abbastanza facilmente, poi però, come tutte le altre donne, rallentano la corsa. Le studentesse e le ex studentesse del Politecnico di Milano si incontreranno tutte insieme per la prima volta lunedì 19; quelle già affermate racconteranno le loro storie e daranno i loro consigli alle più giovani. L’appuntamento è il Polimi Women Summit, il nuovo evento del Politecnico di Milano organizzato dall’Associazione Alumni (in collaborazione con il CareerService dell’ateneo) in piazza Leonardo da Vinci, a Milano. «Abbiamo tutto un mondo di laureate che combatte e va avanti per affermarsi in un ambiente che - ammettiamolo - è ancora molto maschile. Ci sembrava giusto dare visibilità a queste donne e farle conoscere alle studentesse di oggi» dice Enrico Zio, presidente dell’AlumniPolimi Association, nata nel 2011, che conta già 25.000 iscritti. Anche perché i dati confermano quanto siano brave le ragazze: tra i laureati triennali del 2012, i maschi sono usciti con un voto medio di 98,44; le femmine di 100,64. Differenza confermata nei risultati dei laureati magistrali: i maschi ce l’hanno fatta con un voto medio di 104,88, le femmine con 106,27. 

Il tasso di occupazione femminile continua a scendere: è quanto conferma l’Istat, comunincando un allarmante dato del 46,4% riferito al 2012.

Dal 2010 al 2012 tra le donne incinte con un’occupazione, la percentuale cala di quasi 10 punti dopo due anni dalla nascita del bambino: Il 56,1% si sono licenziate, il 23,8% sono state licenziate dal datore di lavoro mentre il 15,6% è il dato di quelle il cui contratto non è stato rinnovato o l’azienda ha chiuso. In dieci anni, dal 2002 al 2012, le donne (per la maggior parte mamme) che hanno perso il lavoro sono aumentate del 40%.

Linda Laura Sabbadini, direttrice del dipartimento Statistiche sociali dell’Istat, sostiene che sia anche “una rigidità di ruoli all’interno della coppia rispetto ad altri paesi” a frenare l’occupazione femminile: il sovraccarico dei compiti domestici e di cura sulle donne è maggiore qui che non all’estero.