Fare impresa

Da recenti indagini IDC, la penetrazione di device mobili e app nell’industria privata e in alcuni comparti della PA aumenterà ancora sensibilmente nei prossimi due anni, sulla spinta della consumerizzazione e dell’evidenza di come l’enterprise mobility stia abilitando nuovi modelli ed efficienze operative, migliorando produttività e collaborazione.
Si pensi, per esempio, ai tablet: stando a uno studio di IDC pubblicato a gennaio 2014, il 31% dei possessori di tablet negli Stati Uniti sottolinea di utilizzare il device anche per propositi attinenti la sfera lavorativa, e il 57% di portare il tablet in ufficio; analoghe le percentuali in un Paese europeo come l’Inghilterra, 33% e 55%.

La patria del "working solo"? L'Italia. Tra i grandi Paesi europei, il nostro ha il record di lavoratori in proprio senza dipendenti, soprattutto tra i giovani. Nel 2013 se ne sono contati oltre 1,3 milioni sotto la soglia dei 40 anni, come dire il 15% del totale degli occupati di quella fascia d'età. Un primato assoluto rispetto alla media dell'area euro, che si ferma alla metà (7,5%), ma anche nei confronti di Francia e Germania, entrambe al di sotto del 5 per cento.

Dal report del centro studi Datagiovani per Il Sole 24 Ore risulta che nella nostra Penisola si concentra quasi un terzo di quelli che nelle statistiche ufficiali sono definiti come own account workers. E anche sul versante femminile è alta la quota di donne che lavorano "per se stesse", pari al 44% del totale.
Sarà perché sempre più fabbriche chiudono, sarà perché per i giovani ottenere un posto fisso sta diventando un miraggio, fatto sta che ancora in tanti - per scelta o per necessità - e nonostante il clima economico sfavorevole, un lavoro decidono di darselo da sé.
«I giovani - commenta Luigi Campiglio, ordinario di Politica economica all'Università Cattolica di Milano - dimostrano un forte impegno e per tanti la strada di essere imprenditori di se stessi è obbligata, ma a causa delle dimensioni ridotte sono i più esposti alle intemperie della recessione».

Se il mobile, fino ad adesso, ha rivoluzionato il nostro tempo libero e il modo in cui comunichiamo con le persone a noi care, è giunto il momento in cui anche il lato professionale delle nostre vite possa beneficiare di questi cambiamenti. Fino a non molto tempo fa, era consuetudine che il datore di lavoro fornisse ai suoi impiegati tutti i dispositivi necessari a svolgere le loro mansioni. I dipendenti venivano così forniti di laptop aziendale e anche, in molti casi, di un cellulare aziendale.
In questi ultimi anni la situazione ha subito una profonda trasformazione. Il game-changer è stata Apple. Prima con l'iPhone e in seguito con l'iPad, molte persone si sono ritrovate con una manciata di dispositivi. Sui posti di lavoro la consuetudine ha così iniziato a mutare in modo informale, con i dipendenti che, per un fatto di comodità e preferenze, hanno iniziato a utilizzare i propri device.

Questo mutamento è riassunto da un acronimo: BYOD, che sta per Bring Your Own Device, ovvero porta il tuo dispositivo (una variante è BYOT, Bring Your Own Technology). BYOD è dunque un tentativo di mettere ordine in questo rischioso moltiplicarsi di device, tentando di stabilire delle pratiche sicure e razionali dove ora regna in gran parte la consuetudine ed il buon senso.
Ecco i vantaggi:

  • Maggiore produttività dei dipendenti
  • Minor costo dell’hardware
  • Percezione dell’azienda come ambiente aperto, giovane, amichevole

Parlare di produttività, quando si parla di lavoro, non ha più senso. Non nel mondo contemporaneo, in cui il 70% del lavoro è di tipo intellettuale, e non fisico. Lo spiega Domenico De Masi, sociologo del lavoro e professore alla Sapienza di Roma.