Notiziario tematico

Donne ai posti di comando per dare forza a una classe dirigente più moderna. Libera da vecchi codici e vecchi club, capace — nel suo insieme — di trasformare il Paese. In Italia si sta definendo la mappa di un nuovo potere femminile. La stanno disegnando quel 31 per cento di deputate e senatrici in Parlamento dal 2013, le otto ministre su 16 al governo, le capolista alle elezioni europee. E ancora: le manager nominate ai vertici delle società quotate in Borsa, le alte funzionarie di alcune aziende pubbliche strategiche, le 5 rettrici (su 78, pochissime) alla guida di università influenti. La svolta c’è. È in corso. Ma è a questo punto che vogliamo chiederci: lungo le direttrici di questa svolta ritroveremo anche le nostre strade comuni? Questa mappa è, o promette di essere presto, lo specchio di un cambiamento diffuso e coerente?

Ci sarà un secondo decreto sulle semplificazioni, sulle dichiarazioni precompilate si punta alla sperimentazione, il nuovo catasto verrà avviato. Ma sempre tenendo conto delle osservazioni del Parlamento. Parte in modo conciliante la corsa della delega fiscale, che al passaggio dei primi due decretio legislativi (semplificazione 1 e catasto, presentati nei giorni scorsi) è stata sottoposta a una prima verifica del mondo delle imprese oggi a Roma, alla tavola rotonda organizzata da Confartigianato in collaborazione con il Sole 24 Ore e trasmessa in streaming dalle 10 alle 12.30 (la registrazione sarà disponibile da domani sul sito del Sole 24 Ore).

Patrizia Grieco, neo presidente dell’Enel e una lunga carriera da capo azienda prima in Italtel, poi in Siemens e Olivetti.

Le donne chiamate ai vertici dei gruppi pubblici e delle istituzioni stanno disegnando una nuova leadership in Italia?
«Siamo di fronte a un’occasione straordinaria. L’incoraggiamento legislativo, con le cosiddette quote di genere, e le nomine volute dal governo Renzi, mettono le donne in grado di diventare veri e propri agenti del cambiamento».

Possiamo parlare di donne e potere o questo binomio è ancora tabù?
«Le cose stanno cambiando rapidamente, ma certo le donne hanno fin qui diffidato del potere, quando non ne hanno avuto paura, per un retaggio culturale tra i più pesanti e penalizzanti per l’intera società. Il potere non è buono o cattivo. Dipende da come lo usi».

Una geografia accademica spaccata in due, con i risultati più brillanti che si concentrano negli atenei del Centro-Nord e le difficoltà maggiori che si addensano al Sud. L'immagine viene confermata dalle nuove classifiche sulla «qualità universitaria», pubblicate sul Sole 24 Ore di ieri, che dietro le eccellenze di Verona e Trento, o le ottime performance di Bologna, Padova e della Bicocca di Milano vedono affollarsi le università settentrionali, confinando nelle parti basse le strutture del Sud. La situazione generale non cambia se si guarda solo alla condizione della ricerca, in cui si affacciano però importanti eccezioni: Salerno, prima di tutto, che con un punteggio medio di 72 su 100 ottenuto nei tre parametri stacca anche importanti università del Nord e guadagna posizioni nella classifica generale dove occupa il gradino numero 22, ma anche l'Orientale di Napoli, Catanzaro e l'università beneventana del Sannio ottengono risultati importanti.