È sciopero. Sciopero della maternità e della paternità. Niente figli: ecco l’uscita d’emergenza dal tunnel della crisi. Il tasso di natalità in Italia ha cominciato a scendere nel 2008. L’anno di Lehman. E oggi? Sul fronte dell’occupazione le donne hanno retto meglio degli uomini. Complice la loro disponibilità a contratti flessibili e il fatto che la crisi ha colpito di più i settori maschili (manifatturiero, in particolare). Nel 2008 il tasso di disoccupazione femminile toccava l’8,5% e quello maschile era al 5,5: tre punti di differenza. Oggi il divario è sceso al 2% (tasso di disoccupazione maschile al 12,9%, 13,8% quella femminile). Sarà che con la crisi le famiglie non possono permettersi il rischio di legare tutte le entrate a un unico stipendio. Fatto sta che le donne hanno aumentato la loro partecipazione al mercato del lavoro. Dal 2008 a oggi il tasso di attività femminile è passato dal 51,6 al 54,2%. Non è un granché rispetto a ciò che chiede l’Europa, ma è comunque un passo avanti.

Il problema è che il sogno della conciliazione famiglia-lavoro è sfumato proprio quando pareva a portata di mano. Negli anni 2000 il tasso di natalità nel Nord italia cresceva insieme all’occupazione femminile. Con la crisi questa correlazione positiva si è spezzata. Quanto il tema sia démodé è dimostrato anche dalla marcia indietro dell’Ue sul 2014 come anno europeo della conciliazione. E allora che si fa? Il welfare pubblico ha sempre meno soldi da investire in servizi e asili. Così le aziende restano sole con i loro dipendenti a cercare soluzioni che tengano insieme tutto: la competizione su mercati sempre più difficili e la gestione delle famiglie.

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