Sono questi alcuni dei dati presentati oggi dal Comune di Milano per dimostrare come il lavoro agile o smart working può davvero beneficiare a tutti. Numeri alla mano, quelli raccolti dalle 97 aziende aderenti alla giornata del lavoro agile, lo scorso 6 febbraio: 324 giornate lavorative di 8 ore ciascuna "recuperate" evitando inutili spostamenti per lavoro; quasi due ore (112 minuti) in più a disposizione delle persone che hanno lavorato in remote, oltre alle 32 tonnellate in meno di C02 nell'aria.

Come hanno utilizzato questo tempo i lavoratori "smart"? In parte anche per lavorare, quindi con un  aumento di  produttività a "costo zero" per l'azienda, oltre che di motivazione e benessere per le persone. Un primo importante esperimento, di "contaminazione" - 48 aziende lo hanno sperimentato per la prima volta - che serve per evidenziare, e auspicabilmente poi superare, qualche falso pregiudizio sulla fattibilità del lavoro agile, o smart working che dir si voglia. "Il lavoro agile è una nuova modalità di lavoro - ha spiegato l'ideatrice dell'iniziativa Chiara Bisconti, Assessora al Benessere, Qualità della vita, Sport e tempo libero, Risorse umane del Comune di Milano - che serve ad aumentare produttività aziendale e benessere delle persone, ma anche un impatto importante sulla mobilità urbana".

Tra i "miti da sfatare" e che invece sono ancora riflessi nell'analisi qualitativa dei dati, il fatto che sia uno strumento di genere. Tra i collaboratori con laurea, le donne sono state significativamente più interessate degli uomoni a questa opportunità. Altro mito ancora duro a morire, che i ruoli di responsabilità siano incompatibili con la flessibilità. Tra chi ha aderito, infatti, i quadri sono la metà rispetto ai dipendenti, mentre circa il 5% degli aderenti aveva carica dirigenziale. Insomma, il lavoro da fare è molto, in gran parte culturale e organizzativo. Ma a Milano va il merito di aver aperto una strada, una possibilità. 

Fonte: Sole 24 ore