Giovani creativi crescono. Portare l’attività tra le mura domestiche è una scelta sempre più diffusa: i costi scendono e la possibilità di condividere idee aumenta.
 

Il computer in salotto e le pantofole sotto la scrivania. Che lo si chiami “lavoro agile” o smart working, fare della casa il proprio ufficio è una scelta sempre più comune. Tra i giovani creativi – grafici, video maker, illustratori- ma anche fra gli start upper e i piccoli imprenditori.  

I vantaggi? Si risparmia, è green e consente di non rinunciare alla famiglia – o alle proprie abitudini - per la carriera. Se il nostro Paese, stando ai dati dell’osservatorio della Scuola di Management del Politecnico di Milano, è uno dei fanalini di coda a livello europeo per il cosiddetto telelavoro nel 2013 (venticinquesimo su ventisette), ecco che nell’ultimo anno si registra un primo cambio di tendenza, con la percentuale del lavoro a distanza aumentata dell’otto per cento rispetto al 2012. «Pagare un affitto mensile per avere a disposizione uno studio che uso occasionalmente non ha senso», spiega Silvia Pastore, fotografa torinese.  

Tra gli home workers c’è anche chi ha fatto una scelta precisa, che ha avuto tra gli effetti quella di permettere la spesso difficile convivenza famiglia lavoro. Emblematica è la storia di Federica Goria, 35enne fondatrice di una impresa che realizza vendite promozionali temporanee on line, di nome Cra Cra Kids. Consulente informatica “a tempo indeterminato”, nel 2009 ha rinunciato al posto fisso per prendersi cura di Arianna. Poi, col contributo, morale ed economico, di amici e parenti, ha deciso di mettere in piedi la sua piccola azienda, ora incubata in Treatabit, il comparto delle imprese web dell’I3P del Politecnico di Torino. Così ha realizzato un sogno: diventare imprenditrice e mamma a tempo (quasi) pieno.  

«Certo mi mancano un po’ le chiacchiere alla macchinettà del caffè». L’azienda ha base a casa, per questo – scherza - «è difficile far passare agli altri l’idea che stai lavorando». E i clienti virtuali? «Sono entrata in contatto con tante mamme digital. Imparo molto anche io – sorride – sia come venditrice che come mamma».  

Negli spazi abitati dagli home workers spesso gli strumenti del mestiere prendono il sopravvento. Un muschio di post-it nasconde stipi e armadietti, il divano dove il gatto dormiva serenamente trasformato in postazione per una conferenza di lavoro via Skype. «Stiro in ufficio, cucino in ufficio, non stacco mai», ammette Francesco Di Candio, 28 anni, pisano, che insieme a Lorenza Seddu, ha aperto lo studio di design di interni “Factory Design Concept” in salotto. I due disegnano di tutto: gioielli, ristoranti, magliette e perfino set di matrimoni, e hanno prezzi più competitivi perché i costi di gestione dell’ufficio sono più bassi.  

Davanti alla possibilità di andare fuori dall’Italia a lavorare, hanno deciso di restare e creare quel Made in Italy in cui credono: «All’estero è molto più facile, c’è la possibilità di migliorare, mentre qui cerchiamo solo di sopravvivere. Ma ci siamo messi un po’ di cerotti e abbiamo deciso di stare qui». Nato un po’ per necessità e un po’ per scelta, a sentire Francesco “Factory Design Concept” è destinato a rimanere in soggiorno ancora per un po’: «Sogno di fare un coworking casalingo».

 

Fonte: La Stampa