A scatenare il big bang nella gestione del capitale umano ci sono le tecnologie e l’affermarsi del cloud computing che consentono di operare in remoto con notevoli risparmi per le aziende.

Abitare l’ufficio e lavorare da casa o al bar. Benvenuti nel pianeta dell’impiegato 3.0, nel nuovo universo della mobilità produttiva e di Internet delle cose. A scatenare il big bang nella gestione del capitale umano ci sono le tecnologie digitali e l’affermarsi del cloud computing, che consentono di operare in remoto, anche molto lontano dal quartier generale, ma con gli stessi strumenti a disposizione del luogo di lavoro. La classica tipologia dell’ufficio dalle “9 alle 5” sta lasciando posto a un luogo di lavoro virtuale, ben rappresentato dallo smartphone accessibile 24 ore su 24, e all’utilizzo di temporary office. Negli anni Trenta, l’ufficio del futuro, immaginato, ma mai realizzato, dallo scienziato Vannevar Bush, si chiama Memex, l’espansione di memoria. L’idea si basa sul fatto che la tecnologia e la conoscenza scientifica corrono più veloci delle capacità umane di conservare, trattenere e archiviare tutti questi cambiamenti. Secondo alcuni il Memex, una sorta di calcolatore analogico a forma di scrivania, sarebbe l’anticamera del Pc, per altri è l’embrione del world wide web e del grande magazzino del Cloud. Sta di fatto che quell’ufficio del futuro oggi è realtà. E grazie alle nuove tecnologie è tascabile. O anche indossabile, con i nuovi wearable devices. Insomma tutto è pronto per la rivoluzione degli spazi di lavoro all’insegna della flessibilità e della mobilità. E dell’hi-tech digitale.

Il lavoratore è mobile. «Il fenomeno dello smart working — dice Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio del Politecnico di Milano nato per analizzare il settore — è ormai un fenomeno pervasivo, che si applica in modo più semplice alle attività di servizio ma anche alla manifattura, come dimostra l’interesse messo in pratica da molte società dell’alimentare. Le tecnologie non mancano per far decollare l’ufficio del futuro. Ora serve solo la volontà delle imprese di cambiare modelli organizzativi».

Uno degli elementi fondanti di questo trend è proprio la flessibilità degli spazi di lavoro: «In futuro — continua Mariano Corso — l’ufficio sarà sempre meno “fabbrica”, per diventare luogo di incontro e di scambio tra dipendenti. Le nuove tecnologie Ict permetteranno che le attività produttive saranno svolte altrove».

Alcune multinazionali statunitensi stanno sperimentando da qualche anno nuovi layout delle sedi di lavoro. Via le scrivanie, addio alle mezze pareti dell’open space, e telefoni e scanner in soffitta. L’ufficio diventa un’arena, un luogo di riunione. Grazie a intranet, ai touchscreen e ai dispositivi portatili, siamo entrati in piena era del Byod, ovvero quelle politiche aziendali che permettono di portare i propri dispositivi personali nel posto di lavoro e viceversa.

Secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio Smart Working, il 71% delle grandi aziende italiane aumenterà gli investimenti nel-l’Ict, puntando soprattutto sui disponibili mobili, per sostenere al meglio lo sviluppo dei mobile worker. Scrivania, telefono, fax, pile di carta, un tempo sinonimo di produttività sembrano destinati a scomparire dentro il tablet che il dipendente porterà sottobraccio. Ma l’ufficio a breve sarà anche indossabile. Per molti esperti il 2014 sarà l’anno dei wearabale devices. Occhiali, orologi, bracciali, poco importa. Proprio come il Memex di Vannevar Bush ogni funzione operativa sarà racchiusa in una app.

Lavoro virtuale, risparmio reale. Oggi la rivoluzione digitale è entrata nelle nostre case. Paradossalmente fa più fatica a entrare nei luoghi di lavoro, perlopiù ancorati ancora all’idea di fabbrica- ufficio. E l’Italia non primeggia nel mondo per iniziative all’avanguardia. Anzi, stando alle classifiche europee, la penisola si posizione al 25esimo posto su 27, nel telelavoro, con il 2,3% dei dipendenti che operano fuori sede per almeno un quarto dell’orario di lavoro. «Le tecnologie — spiega Mariano Corso — hanno abbattuto tutte le barriere del tradizionale luogo di lavoro. Tutte tranne una: quella culturale. La maggior parte dei capi preferisce avere a disposizione fisicamente gli impiegati.

Ma si tratta di puro controllo più che di reale necessità. Anche perché l’ict digitale permette di essere in costante contatto con i lavoratori. E l’obiettivo dovrebbe essere il risultato sui progetti, non tanto le ore passate dietro una scrivania». Il risparmio di costi diretti, nell’utilizzo di tecnologia digitali e cloud, è stimabile in circa 10 miliardi di euro ed è determinato da due componenti fondamentali. Da un lato, la significativa riduzione dei costi vivi di trasferta per viaggi sia in Italia che all’estero (circa 8,6 miliardi) evitabili con l’utilizzo di web/video conference; dal-l’altro, la riduzione delle postazioni di lavoro di circa un terzo con risparmi per le aziende pari a circa 1,3 miliardi e resa possibile dalla riprogettazione degli spazi fisici. Carta addio? Il futuro senza carta ha una lunga storia alle spalle. Già negli anni Quaranta si teorizzava la paperless society immaginando uffici ipertecnologici. 

Fonte: La Repubblica