L'intervista alla deputata Pd Alessia Mosca, prima firmataria del pdl “Norme finalizzate alla promozione di forme flessibili e semplificate di telelavoro”.

Del Jobs Act a cui sta lavorando Matteo Renzi si sa poco. La cosa certa è però che promuoverà lo smartwork. Ad assicurarlo è Alessia Mosca, deputata del Pd, che sottolinea, «la proposta di legge di cui sono correlatrice è un'idea che nasce addirittura prima delle primarie. Ma so che è un tema che ha interessato molto il segretario». La parlamentare, insieme a Barbara Saltamartini (Ncd) e Irene Tinagli (Sc) ha presentato la proposta di legge “Norme finalizzate alla promozione di forme flessibili e semplificate di telelavoro”. Una proposta che nasce anche alla luce di una ricerca del Politecnico di Milano da cui si evince che in Italia solo il 6,1% dei dipendenti lavora a distanza per almeno un quarto del tempo, contro il 14% della Danimarca. E solo il 31% può gestire in maniera flessibile i propri orari, rispetto al 52% tedesco. Vita.it ha intervistato Alessia Mosca per capire quale sia la proposta sul tavolo.

In cosa consiste lo smartwork?

È un nome che non piace molto perché è in inglese. Ma individua in realtà una modalità flessibile innovativa che utilizzi al meglio le tecnologie di cui oggi disponiamo e che consenta una flessibilità di orarie e di modalità di lavoro che oggi non è riconosciuta nelle forme contrattuali che conosciamo. È un modo per rendere possibile e potenziare la flessibilità che le nuove tecnologie oggi ci consentirebbero. Flessibilità che di solito significa precarietà del posto di lavoro e che qui diventa elasticità del luogo dove si lavora.

Non c'è solo la flessibilità tra i vantaggi di questo telelavoro 2.0...
È un'idea che nasce da un’esigenza delle madri che lavorano. Infatti mirava alla conciliazione famiglia lavoro. Ma come spesso accade in questo ambito si finisce per proporre cambiamenti culturali a 360 gradi. C'è ad esempio il tema degli spostamenti. Riducendoli si abbatte l'inquinamento e le emissioni di CO2. C'è la riduzione dei costi di gestione. Con lo smartwork basteranno spazi lavorativi più piccoli, modulati in modo diverso e con meno postazioni fisse. Ma l'elemento chiave sta nell'aumento di produttività, testimoniato anche dal Politecnico di Milano nei suoi studi. Con questa modalità infatti non si lavora più per ore di tempo speso sul luogo di lavoro ma per obbiettivi. Nasce così un rapporto diverso tra lavoratore e datore di lavoro in cui il dipendente è responsabilizzato.

Cosa cambia rispetto al classico telelavoro?
Supera una dei più grandi ostacoli di quella formula. Il telelavoro sul modello degli anni 70 era segregante perché prevedeva l'attività sempre da remoto con postazione fissa. Postazione, per altro, strutturata secondo una normativa molto rigida, in particolare sulla sicurezza. Sostanzialmente si veniva a creare un ufficio distaccato casalingo. Da domani non sarà più così perché lo smartwork è più elastico e vario. L'ufficio verrà così sostituito da un tablet. 

Dunque mirate ad un cambio culturale?
Certo, le leggi non servono solamente di per sé o per normare un ambiente. In realtà spesso il valore di leggi come questa sta nel modificare la cultura. Anche solo parlare di questa nuova cultura aziendale ha fatto emergere esperienze pilota già esistenti dando vita a discussioni e confronti. Vogliamo aiutare questo processo di cambiamento.

Che tipo di esempi?
Ce ne sono sia nel pubblico, come nel caso della Provincia di Trento o il Comune di Milano, che nel mondo dell'impresa privata. Tantissime realtà legate alle nuove tecnologie in particolare multinazionali fanno un largo uso di smartwork. È la prova che è una tipologia lavorativa valida e replicabile in ogni ambiente.

C'è altro da dire sulla sua proposta di legge?
Che è una legge con un grande valore industriale. Spinge l'attivazione di processi che si incardinano nel recepimento in Italia dell'Agenda Digitale. Il fatto che le aziende si dotino di modalità di connessione e di lavoro molto incentrate sulle tecnologie fa nascere una domanda di tecnologia che avrà un effetto positivo anche su chi la produce.  

Fonte: Vita