Oggi Milano inaugura la giornata del lavoro agile. Nel volantino che il Comune ha preparato per l’occasione si spiega in sintesi di cosa si tratta: il lavoro agile è quello che non richiede una postazione fissa, consente di svolgere i propri compiti ovunque, da casa, dal bar, dal parco, dalla palestra o da una postazione in co-working. Potrebbe sembrare l’ennesima fuga in avanti dei futurologi del lavoro ma, in realtà, si tratta di situazioni che, pur in diversa misura, ci troviamo ad affrontare già da tempo. Chi, alla guida nel traffico cittadino, non si è mai dovuto infilare in tutta fretta l’auricolare per rispondere alla telefonata del capo o di un cliente che aveva necessità di risolvere una questione con urgenza? E chi non ha mai buttato un occhio allo smartphone per controllare la posta elettronica del lavoro, anche durante il weekend? E non vi è mai capitato di mettervi al computer dopo cena per terminare un documento da presentare la mattina seguente? Normalmente sono tutte attività che si aggiungono a quelle che già svolgiamo in ufficio ma che, in realtà, non percepiamo più come lavoro extra, perché sono entrate a far parte della nostra routine. 

LAVORO UBIQUITARIO - Ecco, la giornata del lavoro agile ha, innanzitutto, il significato di farci prendere coscienza del fatto che il nostro modo di lavorare è ormai ubiquitario, coincide solo in parte con la presenza fisica in ufficio e stempera i limiti tradizionali dell’orario di lavoro. Ma è anche l’occasione per verificare quanto queste forme di lavoro, prestate fuori dalla unità di luogo e di tempo della organizzazione produttiva classica, possano alleggerire la città dal congestionamento del traffico, incrementare la produttività delle imprese e favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. 

CONTROLLO DEI RISULTATI - All’origine di questo esperimento c’è la convinzione che le nuove tecnologie, lungi dall’essere una minaccia all’occupazione, possono invece rivelarsi utilissime proprio per allargare la platea della popolazione attiva, consentendo, in particolare alle donne, di trovare più opportunità di lavoro compatibili con le incombenze familiari e, contemporaneamente, alleggerendo la domanda di costosi servizi di welfare. Non è un caso che nei giorni scorsi le deputate Alessia Mosca del Pd, Barbara Saltamartini del Nuovo centrodestra e Irene Tinagli di Scelta Civica abbiano presentato alla Camera il progetto di legge sul cosiddetto smart working, una forma di lavoro dipendente che si può fare, per una quota consistente, in qualunque luogo raggiunto dalla banda larga, con un controllo non sui tempi di presenza, bensì sui risultati. 

I RISCHI - Ma attenzione: insieme ai tanti aspetti positivi, il lavoro smart può trasformarsi da opportunità a trappola, se non si fisseranno regole precise. Se è vero, infatti, che dovrebbe consentire di valorizzare i tempi lavorati in situazioni informali e fino ad oggi non contabilizzati in alcun modo, il lavoro agile rischia anche di sfociare in pervasive forme di intrusione nei fisiologici tempi di vita, non trovando ostacolo nei limiti di orario e di confine aziendale. Insomma, la sfida del lavoro agile è appena partita e l’iniziativa di oggi riconferma la vocazione di Milano come laboratorio in cui si sperimentano le frontiere più avanzate del lavoro.

Fonte: Corriere della Sera