La giunta comunale di Udine ha approvato nei giorni scorsi il regolamento che consentirà ad alcuni dipendenti di svolgere il telelavoro dalla propria abitazione. “Il nuovo regolamento – ha spiegato l’assessore al personale, Cinzia Del Torre – entrerà pienamente a regime nel 2015, ma già da quest’anno si potranno avviare dei progetti di telelavoro in via sperimentale. A questo scopo abbiamo dato mandato ai dirigenti dei vari servizi di avviare una fase di monitoraggio delle attività telelavorabili e del personale disponibile ad effettuarlo”.

I criteri di assegnazione del telelavoro terranno conto di situazioni di disabilità psico-fisiche, gravi patologie in atto, esigenze di cura e assistenza di figli minori fino ai tre anni e con eventuali disabilità fino agli otto, o di coniugi, parenti fino al terzo grado o conviventi aventi disabilità psicofisiche gravi. La prestazione potrà svolgersi presso il domicilio del dipendente a condizione che nell’ambito dell’abitazione risulti disponibile uno spazio utilizzabile come ambiente di lavoro. La postazione sarà allestita, collaudata e mantenuta in condizioni di efficienza a cura e spese dell’Amministrazione, così come i collegamenti telematici e la linea telefonica.

Si tratta di un primo, limitato passo, visto che riguarda un municipio di dimensioni medio piccole e neppure la totalità dei suoi dipendenti, eppure merita di essere segnalata e incoraggaiata. La promozione e la diffusione del telelavoro procede infatti in maniera ancora troppo timida e incerta. Eppure le potenzialità di questo strumento sono enormi. In Italia sul telelavoro ad oggi non c’è stato un investimento forte né nel settore pubblico né in quello privato. E’ difficile persino trovare stime aggiorante sul numero di occupati che ha potuto/voluto accedere a questa possibilità. Una delle ultime disponibile su internet parla dicirca 248 mila “telelavoratori”, ossia circa il 2,2% della forza lavoro nazionale, e di questi circa 40mila sono dipendenti.

Secondo uno studio del Dipartimento dei Trasporti degli Stati Uniti, citato all’interno di una  ricerca realizzata da Unindustria, il telelavoro consente una diminuzione fino a 56,3 miliardi di km percorsi in media in un anno dagli autoveicoli, con una consequenzialediminuzione del consumo di carburante fino a 6,5 miliardi di litri. Le stime provano che l’economia americana potrebbe conseguire notevoli vantaggi da una più estesa adozione del telelavoro: se tutte le aziende che attualmente possono supportarlo lo facessero, la diminuzione delle miglia percorse potrebbe far risparmiare circa 3,9 milioni di dollari l’anno per i costi del carburante e il tempo cumulativo risparmiato sarebbe pari a 470.000 ore di lavoro.

La stessa ricerca ha monitorato l’esperienza di 200 telelavoratori domiciliari arrivando alla conclusione che “risulta essere stata vissuta con soddisfazione dai lavoratori al punto che un’altissima percentuale degli operatori ha manifestato interesse a proseguire il telelavoro, apprezzando i numerosi vantaggi che tale modalità di svolgimento della prestazione determina sul piano lavorativo, personale e familiare”.

“Positivi – si legge ancora nel documento – i ritorni anche rispetto alla componente ambientale. È infatti emerso che non meno del 60% del campione utilizzava un mezzo fortemente inquinante per raggiungere la sede, con un esborso medio annuo di circa 1.200 euro a persona. La riduzione degli spostamenti derivante dal telelavoro, calcolata sui dodici mesi, avrebbe dunque consentito un risparmio di 94.000 litri di benzina e di 1.050.000 Km, con una minore emissione di monossido di carbonio di 17.721 Kg. Un quadro dunque incoraggiante, confermato dalla progressiva crescita del numero dei telelavoratori domiciliari in ambito call center, attestato oggi su 449 unità”.

Fonte: La Repubblica