Fonte: Il Sole 24 Ore

Dalle società consenso (con qualche distinguo) alla proposta di legge

Senza la legge ci vorranno 60 anni per arrivare ad una presenza femminile pari al 30% nei consigli di amministrazione delle società quotate. Il paradosso è stato sottolineato ieri alla presentazione del comitato d’opinione a sostegno della proposta di legge dell’onorevole Lella Golfo sul riequilibrio della presenza di genere nei cda delle quotate. Dal 1998 al luglio scorso si è passati dal 3,4% al 6,3% nella percentuale di donne che occupano una posizione nei board delle società quotate e non. Un passo di crescita, secondo Livia Amidani Aliberti fondatrice di Aliberti Governance Advisors, davvero troppo lento. “Occore uno strumento legislativo per cambiare un trend desolante che esclude le donne dai cda delle aziende – ha spiegato Lella Golfo, deputata del Pdl e presidente della Fondazione Marisa Bellisario – Da qui la mia proposta di legge per invertire una situazione che al momento vede in Italia un misero 4% di donne nei board delle quotate”.
 

A seguito della presentazione della proposta di legge sono state interpellate le società per avere un contributo concreto. “Nel condividere pienamente lo spirito del progetto di legge, orientato, nello specifico, a riequilibrare l’accesso alle cariche direttive delle società quotate in Borsa – scrive Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom Italia – auspico che tale intervento si collochi in un quadro normativo del tutto rispettoso dell’imprescindibile esigenza di garantire piena autonomia alle società ed ai mercati cui esse fanno riferimento”.
 

Le resistenze all’inserimento di quote rosa per legge permangono, ma ieri Morten Huse, professore ordinario di management e organizzazione alla Norwegian Business School, ha ricordato: “In Norvegia se non fosse stata introdotta la legge, le cose non sarebbero cambiate. I dibattiti e le discussioni sul tema non bastano. L’importante è sottolineare che quando la donna è sola all’interno del cda, è portata a seguire le dinamiche maschili. La situazione cambia, invece, quando le donne sono almeno tre e diventano così massa critica”.
 

Al convegno era presente anche Diva Moriani, l’unica donna non proveniente da una famiglia azionista a ricoprire cariche in tre diversi cda in Italia, che ha sottolineato la “concreta possibilità di conciliare carriera e tempi di vita familiare. Occorrono modelli positivi di donne che ce la fanno. Ben venga, perciò, questa legge per cambiare la cultura del nostro paese”.
 

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