Donne e uomini non si ammalano nello stesso modo e hanno reazioni diverse se sottoposti allo stesso farmaco. Per esaminare queste differenze e per promuovere azioni che tengano conto dello specifico femminile, anche in campo medico sanitario, è stato organizzato per la prima volta un seminario dal titolo "Medicina di genere: perché la differenza non diventi diseguaglianza" che si svolgerà sabato prossimo alle 8.30 a Casa Melandri, sala D'Attorre.

Dopo i saluti delle autorità, le relatrici e i relatori Diva Ponti coordinatrice Associazione Liberedonne, Elvira Reale psicologa, Associazione salute donne, Silvana Borsari, Ginecologa referente regionale Consultori familiari,  Giovanna Piaia Assessora Servizi Sociali, Sanità, Politiche e Cultura di Genere, Rosalbino Mantuano, Ginecologo U.O. Consultori Familiari Ausl Ravenna, Flavia Franconi Professore ordinario di farmacologia presso l'Università di Sassari, presidente del gruppo Italiano Salute e Genere, affronteranno i seguenti temi  "Le politiche della differenza nella promozione della salute", "Medicina di genere: un approccio diversificato tra clinica e biologia", "Influenze del sesso e del genere sulla risposta farmacologica", "Corpi sessuati: esplorare la differenza come valore", "La mente, il cuore, le braccia e... ridisegnare la salute a misura di donna", "Dall'esperienza medico sociale all'organizzazione dei servizi".

L'iniziativa è stata presentata oggi in municipio nel corso di una conferenza stampa cui hanno preso parte l'assessora alle politiche e cultura di genere Giovanna Piaia, Diva Ponti, coordinatrice Associazione Liberedonne, Simonetta Ferretti, direttore Consultori familiari, Carla Olivieri, medico anestesista dellAusl di Ra presidente del Cug, Rosalbino Mantuano, ginecologo Consultori familiari.
 

 "La salute delle donne è il paradigma dello stato di salute della intera popolazione". Con questa dichiarazione l'Oms nel 2002 in occasione della costituzione del Dipartimento per il genere e la salute della donna, ha lanciato una importate sfida a tutta la comunità scientifica ma, in particolare a tutti coloro che hanno responsabilità  nella programmazione dei piani per la salute. È opinione ormai acquisita che gli aspetti biologici, che definiscono il sesso, e gli aspetti socio-culturali, che caratterizzano il genere, siano importanti determinanti della salute e in quanto tali, non possano essere trascurati sia nella applicazione quotidiana della  medicina che nella ricerca scientifica.
 

La necessità di sviluppare la medicina di genere nasce dal fatto che uomini e donne ammalano e guariscono diversamente. Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Salute il 6% delle donne soffre di disabilità  (vista, udito, movimento) contro il 3% degli uomini, il 9% soffre di osteoporosi contro l'1% degli uomini, di depressione il 7.4% contro il 3% degli uomini. Ci sono poi malattie autoimmuni che colpiscono prevalentemente il sesso femminile, come ad esempio l'artrite reumatoide e questo dimostra che ci sono differenze tra il sistema immunitario maschile e femminile. Le malattie per le quali le donne presentano una maggiore prevalenza rispetto agli uomini sono: le allergie (+ 8%), il diabete (+ 9%), la cataratta (+ 80%), l'ipertensione arteriosa (+ 30%), alcune malattie cardiache (+ 5%), tiroide (+ 500%), artrosi e artrite (+ 49%), osteoporosi (+ 736%), calcolosi (+ 31%), cefalea ed emicrania (+ 123%), depressione e ansietà  (+ 138%), il Parkinson che colpisce da 1,4 a 2 volte più gli uomini delle donne o l'Alzheimer che colpisce una donna su 6 rispetto agli uomini il cui rapporto Èdi 1 a 10 (+ 100%).
 

Le donne sono le principali consumatrici di farmaci, ne prendono mediamente circa il 40% in più rispetto agli uomini, soprattutto nella fascia di età  compresa tra i 15 e i 54 anni. Eppure una buona parte delle molecole, come ad esempio alcuni psicofarmaci, non è stata sperimentata sulla popolazione femminile nonostante che tra uomini e donne esistano differenze che influenzano il metabolismo dei farmaci. Le donne, poi, pesano in media il 30% meno degli uomini e poiché il dosaggio dei farmaci non sempre è calcolato in relazione al peso, può succedere che le donne assumano una maggiore quantità di principio attivo rispetto agli uomini.
 

Nonostante questi dati, la medicina e la ricerca scientifica in genere, continuano a pensare al maschile omettendo il fatto che la differenza di sesso e di genere influenza in modo sensibile l'accesso, la qualità e l'aderenza alla cure stesse determinando una diversa reazione alla malattia e agli esiti della cura.
 

Garantire l'equità della cura significa avere la capacità di riconoscere l'individuo come essere specifico, riconoscendo le sue caratteristiche biologiche e socio-culturali, favorendo, in questo modo una migliore compliance e, dunque una maggiore appropriatezza diagnostica e terapeutica.
 

Come sempre occorre tempo per cambiare la cultura, tuttavia pensiamo che ci siano buoni presupposti per un  cambiamento di sguardo. Il 13 marzo 2012 l'Assemblea di Montecitorio ha discusso la mozione, presentata da Livia Turco ed altri, che sottolinea, tra l'altro, l'importanza di inserire l'approccio di genere nella programmazione delle politiche sanitarie anche, attraverso un orientamento di genere della ricerca scientifica. Con la mozione si intende impegnare il Governo ad inserire nel prossimo Piano sanitario nazionale obiettivi strategici rivolti a sostenere in medicina l'approccio di genere.
 

Queste le ragioni per le quali si è pensato di organizzare un evento di sensibilizzazione rivolto a tutti i professionisti e medici di medicina generale dell'Ausl di Ravenna.
 

L'evento formativo è segno di integrazione collaborativa tra i Servizi Sanitari, l'Assessorato Politiche e Cultura di genere del Comune di Ravenna e il Cug presenti al Tavolo Lavoro Salute delle Donne e l'Associazione Liberedonne rappresentata da Diva Ponti, che ha già al suo attivo 110 iscritte che operano nella sede di via Maggiore, 120.
 

Le donne da alcuni decenni hanno assunto un ruolo attivo per la tutela della loro salute riproduttiva e più di recente hanno messo in discussione il monopolio maschile della scienza medica andando oltre l'interesse esclusivo della salute delle donne.
 

Insieme all'assessora Piaia Giovanna porteranno il loro contributo gli operatori del Consultorio familiare rappresentati da Simonetta Ferretti, direttore dei Consultori e Rosalbino Mantuano ginecologo che da anni lavora sul tema. La recente riorganizzazione dei Consultori familiari ha puntato molto su questi aspetti, sottolineandoli con forza inserendo l'ottica di genere nella loro mission.

Il Consultorio Familiare (C.F.) è istituzionalmente chiamato a svolgere un servizio di assistenza alla famiglia, alla maternità e paternità responsabili, alla educazione sessuale e alla contraccezione per i giovani. In quanto tale, mantiene il suo ruolo di servizio rivolto alla salute della donna, della coppia, al sostegno della genitorialità (e dunque anche alla funzione genitoriale dei padri) in un ottica orientate alla salute e alla medicina di genere.
 

Dovrà essere sempre più orientato all'assistenza, alla tutela, non solo erogando prestazioni sanitarie ma, facendo leva sugli strumenti della multidisciplinarietà e dell'integrazione interprofessionale, all'interno di logiche di sanità  pubblica che si pongano il problema di decodificare e di intercettare i problemi prioritari di salute della popolazione target con attenzione alle realtà  emergenti ed al contesto in cui si opera.

 

I Consultori familiari possiedono nel loro DNA i principi della medicina di genere, poiché in questi anni, almeno nella nostra regione, hanno accompagnato le donne nel loro percorso di salute riproduttiva e non solo, coniugando i contenuti biologici con quelli socio-culturali. Tuttavia, anche per chi come loro lavora quotidianamente a contatto con le donne è necessaria una riflessione in merito.
 

Un ruolo determinate nel promuovere la cultura della medicina di genere è svolto dal Comitato Unico di Garanzia, (CUG) per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni. Il Comitato unico di garanzia dell'Ausl di Ravenna, presieduto da Carla Olivieri, recentemente costituito, in base a quanto previsto dall'articolo 21 del decreto legislativo 183/2010, ha compiti propositivi, consultivi e di verifica rispetto alle azioni da adottare per favorire l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne. La medicina di genere rappresenta, come per il  precedente Comitato Pari Opportunità, un obiettivo importante, per il prossimo triennio, nella programmazione delle attività  del Comitato unico di garanzia per promuovere la cultura di genere.


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Fonte:
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