altConciliare lavoro e famiglia in bergamasca resta un miraggio. E l’orizzonte si allontana ancora di più per le donne che spesso cedono il lavoro per seguire la famiglia e i figli, oppure sacrificano una vita personale per dedicarsi alla carriera. È quanto emerge da una ricerca condotta da Cisl Bergamo su un campione di 1.043 questionari. Uno studio che ha interessato i lavoratori occupati, non precari, in aziende sindacalizzate o con presenza sindacale. Di conseguenza il campione rappresenta in modo particolare la sfera dei lavoratori garantiti mancando non solo la vasta popolazione degli atipici e precari, ma principalmente la popolazione lavorativa (sopratutto di genere femminile) che è stata costretta proprio per problemi insolubili di conciliazione ad abbandonare il mondo produttivo.

Quasi la metà degli intervistati - pari al 48,23% - dichiara di aver sacrificato parte della vita personale per sostenere la scelta lavorativa: di questi la maggioranza [55,31%] è di genere femminile; gli uomini dichiarano di aver rinunciato prevalentemente alla sfera personale (amici e interesse) e in misura minoritaria a quella famigliare. Tra le donne emerge una maggiore rinuncia alla dimensione famigliare (avere figli o prendersi cura di loro).


Sul fronte della famiglia anche il genere maschile rimarca le difficoltà. In particolare nella necessità di usufruire di servizi sociali il campione dei 1.043 lavoratori si rivolge prioritariamente al privato (il 25,17% al babysitteraggio, il 21,71% ai nidi privati, il 9,01% alle colf/badanti; solo il 18,48% ha utilizzato doposcuola e il 14,78% si è rivolto ai nidi pubblici, mentre l'accesso alle Rsa e ai Cdd raccoglie adesioni per un 10,16%). Le motivazioni del mancato utilizzo dei servizi sociali riguardano in primo luogo l'alto onere dei costi dei servizi (39,10%), l'incompatibilità con gli orari di lavoro (26,81%), l'insufficienza dei servizi a disposizione nel territorio (22,34%).

Le reti informali che si dimostrano in grado ancora di supplire in modo preponderante all'onere della cura è costituito per il 31,50% dai nonni, il 14,07% di altri parenti, il 8,32% di amici e vicini mentre il 29,95% dichiara la propria autosufficienza.

Dalla ricerca si scopre che per oltre la metà delle famiglie che lavorano, i figli non sono mai più di due: il 25,02% ha un figlio mentre il 33,94% ne ha due ed, infine, il 34% nessuno.


Per quasi il 40 per cento degli intervistati, spesso donne, ha dovuto in qualche modo limitare le prospettive di carriera e non inseguire incrementi salariali
(il 7,29% ha rinunciato a progressione di carriera; l’1,82% ha lasciato il lavoro; l’11,51% ha modificato gli orari lavorativi; il 9,59% ha accettato una mansione meno soddisfacente; l’8,53% ha avanzato una richiesta di part time).

Per sopperire alle difficoltà una percentuale dei lavoratori intervistati rammenta di aver usufruito di dispositivi contrattuali impropri: il 36,89% ha utilizzato le ferie, mentre l'impiego di strumenti contrattuali più consoni si posiziona in modo difforme l'11,19% ha sfruttato il congedo maternità, ma solo lo 0,96% il congedo paternità, i permessi retribuiti per un 20,68% e i permessi non retribuiti per un 6,93%, flessibilità d'orari e banca ore rispettivamente per un 7%.

Uno dei dati che colpisce ancora della ricerca della Cisl orobica è il mezzo di trasporto per raggiungere il posto di lavoro. Il 93,19% degli intervistati impiega il mezzo privato, mentre solo il 5,85% dispone del mezzo pubblico con tempi di percorrenza impegnativi: il 21,28% entro i sessanta minuti, il 2,11% oltre l'ora e il restante 76,03% nei trenta minuti.

Fonte: Bergamo News