Per The Economist la crescita da lavoro femminile ha superato quella della Cina. Dubini (Bocconi) e Thorne (ambasciatore USA) ne discutono partendo dal Pil e dai lavori domestici

Per far tornare a crescere l’economia mondiale è necessario cambiare i rapporti tra uomini e donne. Fare in modo che siano intercambiabili in famiglia, nell’accompagnare i figli a scuola come nello spolverare i mobili.

Ora, può sembrare un paradosso questo legame tra lavori domestici e aumento del Pil, ma è proprio dalle relazioni più personali che parte la scommessa di un’economia che possa riprendersi dopo le grandi ferite provocate dalla crisi che ha colpito i Paesi più sviluppati.

Paola Dubini dialoga con l'ambasciatore David ThorneNe è convinto David Thorne, ambasciatore degli Stati Uniti in Italia. E ne è convinta Paola Dubini, professore associato di economia aziendale e coordinatore del Pob, Comitato pari opportunità dell'Università Bocconi che, insieme all'ambasciata Usa, ha promosso e organizzato un incontro tra Thorne e gli studenti dal tema Women and the economy. Certo, dice Thorne, "il maggior accesso a internet, i new media, le nuove tecnologie sono fondamentali per favorire lo sviluppo economico e rilanciare la produttività. Ma esiste qualcosa di più importante di qualsiasi tecnologia: uno dei maggiori pilastri della crescita futura dell'Italia, degli Stati Uniti e di tutte le nazioni è la partecipazione delle donne al mondo del lavoro".

Insomma, la questione femminile non è un tema di equità ma economico.

David Thorne. È un tema di equità e di giustizia ma è anche un importantissimo tema economico, soprattutto per le economie. Tutte le ricerche dimostrano che c'è un legame tra occupazione femminile e aumento del Pil. Negli ultimi 10 anni, per esempio, la Cina ha guidato la crescita economica mondiale ogni singolo anno e, secondo il settimanale The Economist, la crescita guidata dalle donne, cioè quella prodotta dall'aumento dell'occupazione femminile, ha superato quella della Cina.

È stata la crisi economica a imprimere un'accelerazione a tutte queste riflessioni sul ruolo delle donne?

Thorne. La crisi economica non ha creato più posti di lavoro per le donne rispetto agli uomini, ma in questo periodo a tutti viene chiesto di più. Per esempio, le nostre aziende devono riprendere a fare quegli investimenti che non hanno fatto in passato. Quanto alle donne, hanno lottato a lungo per una maggiore partecipazione al mondo del lavoro e negli Stati Uniti l'occupazione femminile è passata da circa il 25% a quasi il 50%.

Paola Dubini. Le donne rappresentano la metà della popolazione mondiale e tutta una serie di indicatori ci dicono che studiano e sono brave: non c'è motivo perché non lavorino e non facciano carriera. Non ci sarebbe neanche motivo di parlare di questo argomento, se non fosse che sulla loro effettiva partecipazione siamo parecchio indietro, soprattutto in Italia. Per questo, ci stupiamo che nel nuovo governo ci siano tre donne ministro, tre donne molto preparate. E, allora, è bene parlare del perché è importante avere più donne inserite nel mondo del lavoro, di come aiutarle a crescere professionalmente ma senza dimenticare che esiste una dimensione personale da tutelare. Al contrario degli uomini, molto spesso le donne ai vertici hanno rinunciato alla famiglia. Noi spingiamo per costruire aziende e una società migliori non aziende e una società dove tutti lavorano e nessuno fa figli o, se li fa, poi nessuno se ne occupa.

Il tema è sempre quello della maternità.

Dubini. Purtroppo non si è ancora trovata la soluzione ideale. Ci muoviamo tra il sistema molto protettivo ed egualitario tra padre e madre del Nord Europa e la sostanziale inesistente protezione degli Stati Uniti. Entrambi i modelli, pur contrari, hanno consentito alle donne di entrare con maggior forza in tutti i livelli della società. In Italia mi preoccupa invece che ci sia una alternanza: o la maternità o il lavoro, o la maternità o la carriera, dove l'una esclude l'altra.

Thorne. Penso che nel mondo moderno globalizzato la cosa veramente importante sia il bilanciamento nei lavori domestici tra donne e uomini. Non è più come quando, essendo le aspettative di vita molto ridotte, tutta l'attenzione era concentrata sulla necessità di procreare. Oggi si vive tranquillamente fino a 80 anni e in un arco di tempo così lungo il momento di avere dei figli rappresenta solo un pezzo della vita. Ecco perché è importante che le relazioni tra uomini e donne cambino in direzione di un maggiore equilibrio. Da 30 anni negli Stati Uniti proviamo a perseguire questo modello. Nella mia esperienza si discute ogni giorno sul modo migliore di gestire gli aspetti organizzativi della vita familiare. Non esistono ruoli fissi, con il maschile opposto al femminile. Le scelte, però, nella maggior parte di casi, sono orientate da fattori economici e questo significa che nelle famiglie più povere un modello di gestione di questo genere sia più difficile da applicare.

Ambasciatore Thorne, tre donne ministro del governo Monti, tre donne con competenze. L'Italia sta, dunque, cambiando su questo fronte?

Thorne. Il presidente Monti ha chiamato a ruoli di governo persone altamente qualificate e questo dovrebbe essere fonte d'ispirazione. Anche negli Stati Uniti non ci sono molte donne ai livelli più alti del governo: Hillary Clinton, Janet Napolitano e poche altre. Una maggiore rappresentanza femminile dovrebbe essere un obiettivo del governo sulla base dei criteri della competenza e della neutralità di genere.

A proposito del segretario di Stato americano Hillary Clinton, durante le primarie Clinton-Obama, in Italia si è molto parlato delle "rughe di Hillary", messe dai media in evidenza come non sarebbe stato fatto con un uomo. Negli Stati Uniti pesa di più il pregiudizio di genere o quello dell'età?

Thorne. Quelle primarie ruotavano intorno alla contrapposizione tra la figura di un politico consolidato e una figura nuova. Resta vero, però, che anche negli Stati Uniti esiste il cosiddetto glass ceiling (soffitto di vetro) tale per cui le donne sono sotto-rappresentate ai livelli alti dell'economia e sovra-rappresentate ai livelli più bassi. È vero inoltre che negli Stati Uniti è forte il pregiudizio contro l'età: abbiamo il culto della gioventù, e in più giovane è meno costoso. Ma devo anche aggiungere che gli uomini non vengono giudicati in base all'età. Quando le donne verranno valutate sulla base del loro contributo all'economia il fattore età diventerà sempre meno importante anche per loro.

 

Maria Silvia Sacchi - foto di Paolo Tonato

Fonte: viasarfatti25.it - Il quotidiano della Bocconi