Titolari di aziende agricole ad altissimo valore aggiunto ma anche regine dell’arte dell’accoglienza e custodi delle antiche tradizioni enogastronomiche. Sono queste le “donne in campo” in Italia. Un piccolo esercito di imprenditrici che guida oltre 255 mila aziende agricole, orientate prevalentemente verso i settori più innovativi: il biologico, le produzioni di “nicchia” Dop e Igp, la vitivinicoltura. E poi gli agriturismi, gli agriasili, le fattorie sociali e le fattorie didattiche: cioè quelle attività naturalmente femminili, nate dall’idea della “madre”, del dover unire al lavoro la cura della casa e della famiglia.
Tutti servizi all’avanguardia che oggi contribuiscono a far schizzare al 34 per cento il contributo delle donne al valore aggiunto complessivo dell’agricoltura, che nel 2010 ha superato i 26 miliardi di euro. Di questi, quindi, ben 8,8 miliardi sono “rosa”. E’ quanto ha  affermato  la Confederazione italiana agricoltori nei giorni scorsi, in occasione della presentazione del rapporto “Il pane e le rose” di ActionAid con l’associazione Donne in Campo della Cia.
Soltanto negli agriturismi, per esempio, metà del giro d’affari “dipende” dalle donne: su 19 mila strutture in tutt’Italia, quasi il 40 per cento è gestito da imprenditrici, che muovono ogni anno un fatturato di circa 500 milioni di euro su un totale di 1,1 miliardi dell’intero settore. Insieme al commercio, ricorda la Cia, l’agricoltura è il settore produttivo dove il tasso di “femminilizzazione” è più elevato. Dal 1970 a oggi è stato un vero crescendo: si è passati da 19 aziende su 100 condotte da donne a 31 su 100 nel 2010. Più in dettaglio, nell’ultimo anno in Italia la quota di donne titolari di aziende agricole si è attestata al 29,2 per cento del totale: vuol dire che oggi un imprenditore agricolo su tre è donna. Sulla base di un’indagine effettuata sulla propria base associativa, la Cia ha rilevato come oggi ben il 40 per cento delle giovani imprese è condotta da una donna. L’esperienza italiana, pur con i suoi problemi, può costituire un esempio per il Sud del mondo. Come rivela ActionAid, proprio l’agricoltura rappresenta ancora oggi una fonte di sopravvivenza insostituibile in molti Paesi in via di sviluppo, dove le donne costituiscono larga parte dei piccoli agricoltori. D’altronde, come ha spiegato la Fao lo scorso 8 marzo, “se le donne nelle zone rurali
avessero le stesse opportunità degli uomini nell’accesso alla terra, alla tecnologia, ai servizi finanziari e ai mercati, la produzione agricola dei Paesi in via di sviluppo potrebbe aumentare tra il 2,5 e il 4 per cento e il numero degli affamati ridursi di 100-150 milioni di unità”.

Fonte: Confederazione Italiana Agricoltori