Barack Obama parla della parità retributiva tra i sessi con toni enfatici in una cerimonia alla Casa Bianca durante la quale firma un ordine esecutivo che vieta ogni forma di discriminazione salariale, ma si applica solo ai contractor, i fornitori del governo. E poi cerca di lanciare la volata al Paycheck Fairness Act, la legge sulla parità retributiva presentata dai democratici e che da domani sarà all’esame del Senato.

In realtà qualche complicazione c’è, visto che in America gli uomini guadagnano, in media, quasi il 25 per cento in più delle donne. E che, attaccano i repubblicani, le sperequazioni ci sono pure alla Casa Bianca, sia pure in misura ridotta rispetto al resto del Paese (12 per cento circa di differenza). Ma per il portavoce del presidente, Jay Carney, queste differenze rispecchiano semplicemente il fatto che le donne hanno incarichi di rango inferiore che solo per questo sono meno retribuiti.

E Obama, nel discorso che ha pronunciato ieri circondato da donne di ogni età, razza e professione non si è certo fatto costringere sulla difensiva. Anzi, ha attaccato i repubblicani accusandoli non solo di penalizzare le donne, ma di opporsi ad ogni sforzo per far sì che le famiglie americane che devono guadagnarsi da vivere lo facciano su campo di gioco pianeggiante, senza essere costrette a correre in salita: «Capite? Una differenza di un quarto. È come se una donna dovesse lavorare fino a marzo 2014 per guadagnare quello che un uomo ha incassato nel solo 2013. E come se, correndo una maratona, dovessero fare sei miglia in più».

Battute efficaci, ma la realtà è che la legge non passerà mai dato che i repubblicani la bloccheranno al Senato con l’ostruzionismo mentre alla Camera hanno una maggioranza schiacciante, che è decisa ad affondare il provvedimento. Quello del presidente, più che un discorso per annunciare cose che si verificheranno davvero, è stato un comizio per galvanizzare la base elettorale democratica in vista delle elezioni di mid term del prossimo novembre che si presentano molto difficili per il partito del presidente. E qui le donne hanno un ruolo decisivo: nel 2008, quando i democratici vinsero tanto alla Camera quanto al Senato, votò il 55 per cento dell’elettorato femminile. Nel 2012 solo il 48 per cento e i democratici persero il controllo della Camera e vari seggi al Senato.

Del resto Obama ha approfittato della questione retributiva femminile per fare un discorso a più ampio raggio sul ruolo delle donne e la distribuzione della ricchezza che negli Stati Uniti sta diventando sempre più diseguale: «Dobbiamo avere più donne al Congresso, oggi sono solo il 20 per cento del totale. Voglio un futuro più giusto come presidente ma anche come padre di due ragazze. E non posso accettare discriminazioni» non solo per convinzioni politiche, ma anche perché ricordo bene il lavoro durissimo di mia madre e le fatiche di mia nonna, una grande lavoratrice con incredibili capacità imprenditoriali.

La controffensiva dei repubblicani è immediata: il loro leader al Senato, Mitch McConnell, replica sostenendo che nei cinque anni della presidenza di Obama le donne sono diventate più povere. Ma l’attacco vero è quello portato alle politiche retributive della Casa Bianca. Anche qui, nota un giornale progressista come il New York Times, non tutto fila liscio, visto che la retribuzione media del personale femminile è pariall’88 per cento di quello maschile. Il team di Obama, come detto, non contesta i numeri ma spiega che non si tratta di discriminazione ma di diversità degli incarichi ricoperti. Pur sottolineando che, con Obama, sono molte le donne salite al vertice: dal consigliere Valerie Jarrett al capo del Consiglio per la Sicurezza Nazionale Susan Rice, all’ambasciatore all’OnuSamantha Power, alla Sec e alla Federal Reserve dove si è da poco insediata Janet Yellen.

Ma anche qui i critici non mollano: 35 per cento di donne nelle posizioni di vertice alla Casa Bianca. Non poche, ma nell’era di Bill Clinton si arrivò al 42 per cento.

 

Fonte: La 27ma ora