Con soli 24 voti contrari e 359 a favore, l’Assemblea nazionale francese ha approvato il progetto di legge sulla parità uomo-donna. «Vogliamo mettere il nostro Paese su un cammino senza ritorno, quello dell’uguaglianza tra uomini e donne, senza la quale non è possibile una vera libertà», ha detto la ministra dei Diritti delle donne Najat Vallaud-Belkacem, che ha presentato e sostenuto il testo.

 Le misure che negli ultimi giorni hanno suscitato più discussioni riguardano l’interruzione volontaria di gravidanza: viene abolita la condizione di «detresse» (sconforto, grave difficoltà) perché la donna possa fare ricorso all’aborto, ed è stato respinto l’emendamento proposto da alcuni deputati dell’opposizione che mirava a sopprimere il rimborso da parte del servizio sanitario pubblico.
La legge sulla parità uomo-donna riunisce e presenta in modo organico una serie di disposizioni già presenti nella legislazione francese, ma ci sono anche importanti novità, come la riforma del congedo parentale. L’obiettivo è incitare i padri a prendersi una pausa dalla carriere per occuparsi dei loro bambini, come di solito fanno solo le donne. Finora, la madre o il padre avevano diritto a sei mesi di congedo alla nascita del primo figlio; con la nuova legge il congedo può essere prolungato di altri sei mesi, a condizioni che a beneficiarne sia l’altro genitore.
Viene poi inaugurata una garanzia statale sugli alimenti che spettano al genitore separato. Se chi deve pagare non lo fa, sarà lo Stato a farlo rivalendosi in un secondo tempo. Questo sistema sarà testato per 18 mesi in 14 dipartimenti (equivalenti alle nostre province) prima di essere allargato al resto del Paese.
Quanto alle violenze coniugali, il giudice potrà espellere il coniuge violento dal domicilio comune con un provvedimento d’urgenza immediato, senza attendere la condanna penale, per una durata massima di sei mesi. Viene poi istituzionalizzato il numero unico 3919 per rispondere alle chiamate che denunciano violenze coniugali, violenze sessuali, mutilazioni sessuali o matrimoni forzati.
Il nuovo testo prevede poi misure per incoraggiare la parità reale nella vita professionale. Le aziende che non rispettano l’uguaglianza tra uomo e donna, per esempio pagando di più l’uomo a parità di lavoro svolto, non potranno partecipare alle gare per gli appalti pubblici. Viene poi esteso il sistema delle «quote rosa»: finora solo le società quotate in Borsa e le imprese pubbliche erano tenute ad avere il 40% di donne nei consigli di amministrazione entro il 2017; adesso quell’obiettivo è imposto anche a tutte le aziende con più di 250 dipendenti e che hanno una cifra d’affari superiore a 50 milioni di euro.
Poi, la lotta alla «sessualizzazione precoce» dei bambini: i concorsi di bellezza per «mini-miss» sono proibiti alle minori di 13 anni. Infine, l’amministrazione pubblica invierà le sue comunicazioni alle donne usando il loro cognome alla nascita e non quello da sposate, salvo indicazione contraria.
Il testo approvato all’Assemblea nazionale sarà riesaminato in seconda lettura dal Senato la prossima primavera, dopo le elezioni municipali di marzo, ultimo passaggio prima dell’entrata in vigore.

Fonte: La 27esima Ora