Le imprese tedesche sono i maggiori acquirenti di aziende italiane: come ha riportato il Financial Times sono ben 23 le Pmi italiane passate in mani tedesche nel 2013, dopo le 20 acquisizioni registrate nel 2012.
In alcuni casi, il quartier generale è già stato discretamente trasferito dall'Italia alla Germania. Il perché lo spiega Carlos Mack, legal adviser di Lehel Invest Bayern, gruppo di private equity specializzato nell'espansione delle Mittelstand, le Pmi tedesche. «L'obiettivo è quello di spostare gli asset più di valore (marchi, brevetti, management, liste di clienti) lontano dall'Italia, dove è più facile trovare finanziamenti da banche non italiane». È ovvio infatti, continua Mack, che i tedeschi non sono interessati all'asfittico mercato italiano «ma ai prodotti delle Pmi tricolori e al fatto di collocarli da qualche altra parte». Spesso le Mittelstand finiscono insomma per acquisire i loro subfornitori italiani, che lavorano benissimo e sono molto apprezzati a nord delle Alpi, ma che stanno attraversando una lunga fase di difficoltà.

 Probabilmente per i tedeschi è anche un modo di tutelarsi, di evitare che ottime realtà industriali italiane falliscano, mettendo a repentaglio i processi di fornitura. In tutto questo, osserva il Financial Times, il timore è che queste acquisizioni si traducano in perdite di posti di lavoro in Italia. Oppure, ancora peggio, nell'addio definitivo a pezzi strategici della struttura industriale italiana. Con pesanti conseguenze, nel lungo termine, per il nostro Paese.

Fonte: Il Sole 24 Ore