Secondo l'ex ministro è indispensabile un "set di conoscenze" per creare figure professionali in grado di cogliere le nuove sfide. "Siamo come nell'epoca dell'analfabetismo diffuso"

Semplificare, innovare e crescere sono facce di una stessa medaglia quando si considera lo Human Capital Management. Intorno a questa affermazione ADP Italia ha costruito una serie di seminari e workshop a Milano e Roma, analizzando i tre temi portanti insieme a testimonial aziendali ed esperti di politiche del lavoro. La prima tappa del tour “Semplificazione, innovazione e crescita. Come creare il perfetto connubio per la competitività delle imprese” si è già consumata al Palazzo delle Stelline di Milano. La prossima sarà il 12 febbraio a Roma presso il Palazzo Rospigliosi alla presenza, come ospite fisso, di Tiziano Treu, già Ministro del Lavoro.

L’apertura dei lavori è a cura di Nicola Uva, Strategy & Marketing Director di ADP Italia. Nella giornata milanese ha messo subito al centro la questione tecnologica, ricordando come le sfide di oggi siano effetto di evoluzioni passate. Ha fatto un passo indietro, ritornando nel 2008, illustrando i paradigmi che sono cambiati. Era l’anno del lancio dell’iPhone, del fallimento di Lehman Brothers e del boom italiano di Facebook. Oggi, a distanza di cinque anni, siamo abituati ad affrontare alcune sfide in maniera radicalmente diversa, anche grazie alla tecnologia. Si prenda la flessibilità, sostiene Nicola Uva. Anni fa era legata alle formule contrattuali, oggi è diventata una sfida che riguarda il rapporto tra lavoratore e imprese in un senso più ampio: dal total reward al lavoro da remoto, dalla gestione degli orari all’equilibrio con la sfera privata.

Anche l’invecchiamento della popolazione lavorativa è un tema in evoluzione. Dal punto di vista normativo è sempre stato interpretato come riforma del sistema previdenziale, ma per le imprese la questione è ben diversa. Oggi intervengono problemi di reverse mentoring per fare in modo che giovani generazioni di Millenials possano contaminare con la propria cultura digitale le figure più anziane. La stessa globalizzazione è passata da spauracchio a occasione per importare risorse ad alto potenziale o aprire sedi all’estero. Questi processi vanno però governati, soprattutto nella gestione del capitale umano. E anche a livello interno si cerca faticosamente di superare la rigidità organizzativa, finalizzata al controllo delle persone, per far diventare la propria struttura aziendale più malleabile, “liquida” come sostiene Zygmunt Bauman.

“Viviamo in un’epoca di ipercambiamanti”, ha raccontato Nicola Uva, citando Brian Solis. “Le tecnologie e i comportamenti di consumatori e risorse umane cambiano più velocemente della capacità di adattamento delle aziende”. I paradigmi nati e cresciuti nel mondo dei social possono, però, tornare utili in epoca di darwinismo digitale e alle aziende non resta che adattarsi più rapidamente possibile ai cambiamenti, facendosi guidare dai talenti, figure che le aziende devono coltivare e gestire con grande attenzione e con il supporto di strumenti adeguati.

Anche per Tiziano Treu, intervenuto a Milano, l’effetto delle tecnologia è sempre più elevato. Prima ancora che nella creazione o distruzione di posti di lavoro nella definizione di quel set di conoscenze indispensabili per lavorare. Per l’ex ministro del Lavoro “cento anni fa il vero salto in avanti fu rappresentato dal superamento dell’analfabetismo diffuso. Oggi siamo in una situazione simile, ma a fare la differenza reale nell’ingresso e nella persistenza nel mercato del lavoro è la conoscenza o meno delle tecnologie”.

Un sentimento non dissimile è stato espresso dai rappresentanti delle aziende intervenute nella tappa milanese dei workshop di ADP Italia. Per tutti gestire le risorse umane è un’attività che può diventare complessa con il crescere delle dimensioni aziendali, ma che rischia di complicarsi senza adeguati strumenti di sostegno, oggi quasi del tutto centrati sulla tecnologia. Per Andrea del Chicca, direttore HR di Ansaldo Energia, “è indispensabile lavorare sulle funzioni di vertice, stimolando il dialogo e la responsabilità, la condivisione di conoscenza e il lavoro di squadra grazie anche a piattaforme e reti intranet adeguate”. Per Mauro Selvetti, vice direttore generale del Gruppo Credito Valtellinese, la tecnologia aiuta certamente, ma in alcuni casi è fin troppa. Al primo posto va messo il change management e la sperimentazione di nuove formule di trasparenza e di delega. È il caso del nuovo portale interno, lanciato pochi giorni fa dal Gruppo, che consente di condividere idee e proposte di innovazione dei processi, in una logica social, ovvero basando i voti e i premi sulle decisioni dei partecipanti.

Anche il Gruppo Cloetta, racconta l’Amministratore Delegato Giorgio Boggero, ha puntato su una nuova intranet costruita sullo stile di Facebook. “Possiamo condividere idee e conoscenze. Tutti hanno modo di pubblicare informazioni e documenti secondo regole di fiducia, trasparenza e libertà”. Abbastanza simile appare anche la soluzione raccontata da Marco Russomando, Head of Global Mobility and  Benefits di Unicredit. “Abbiamo di recente lanciato la piattaforma ‘Innovation’ che consente ai dipendenti di proporre idee in rete. Se incontrano consensi, chi le ha presentate gira il mondo per svilupparle e introdurle nella nostra organizzazione”. La filosofia che sta dietro a questa scelta e altri progetti simili è “la volontà di offrire, attraverso la tecnologia, il giusto riconoscimento sociale alle persone, un aspetto spesso sottovalutato, che pesa moltissimo nel total reward di chi lavora”.

Fonte: Corriere delle Comunicazioni