altPiù della metà della popolazione mondiale vive nelle città mentre la percentuale di comportamenti migratori che hanno contraddistinto intere generazioni a partire dalla rivoluzione industriale, sembra non arrestare la sua crescita. Secondo i dati diffusi dalla Commissione Europea, quattro quinti dell’energia vengono consumati nelle città, definite per eccellenza, centri di produzione ma anche di aggregazione. Questa stessa concentrazione della popolazione intorno ai centri urbani, ha messo in evidenza fin dalle sue origini, le problematiche legate al fenomeno dell’urbanizzazione ed ha favorito la nascita di ampi dibattiti mirati ad affrontare il tema dello sviluppo sostenibile.
 
 

Uno dei paradigmi che si è fatto strada, soprattutto nell’ultimo decennio, è quello legato alla definizione del concetto “smart city”: cioè quell’insieme coordinato di elementi che vanno a ridisegnare il volto della città e che mettono insieme “tecnologie e comunità intelligenti”, per rendere i centri urbani sostenibili non soltanto dal punto di vista energetico ed ambientale ma anche dal punto di vista sociale.

Oggi il concetto di smart city è entrato a far parte del vocabolario comune, grazie soprattutto ai nuovi importanti spazi che il concetto di smart city si e’ ritagliato nella definizione dell’agenda del governo sia a livello nazionale che comunitario. Questo ci permette di dire con una certa sicurezza, che non è soltanto la componente tecnologica che gioca un ruolo determinante nello sviluppo di città intelligenti, ma che  la vera sfida va invece ricercata nell’individuazione di processi intelligenti, in grado di generare un cambio di attitudine e di comportamento, che portino a nuove soluzioni in grado di risolvere problemi irrisolti. Molte sono state le definizioni di smart city nel tempo, e sembra oramai assodato come una definizione univoca e universalmente riconosciuta non possa tenere in adeguata considerazione quelle che sono le specificità di un luogo. Tuttavia, molti sembrano essere d’accordo sul fatto che la dimensione smart:

  • fa leva sulla forza dirompente dell’innovazione tecnologica, ma non si esaurisce con essa;
  • si sviluppa partendo dalle reali necessità del territorio e dei cittadini e si concretizza attraverso le azioni della PA locale che si dimostri però in grado di dialogare ed inter operare anche con player privati.
Le smart cities possono e devono essere una grande occasione per riflettere attentamente sul ruolo e sul futuro delle nostre città, sulle potenzialità dell’innovazione tecnologica in armonia con la vocazione, la tradizione e la storia delle città italiane. La peculiarità del nostro territorio ha, infatti, fatto emergere un aspetto interessante e degno di nota. In primo luogo è bene ricordare che non esiste una short list di azioni predefinite affinché una città possa essere definita intelligente. Ogni territorio si contraddistingue per le sue peculiarità e quest’ultime sono alla base della definizione di azioni specifiche.
 
Nel nostro paese la corsa alle smart cities è appena cominciata; eppure sono numerosi i casi di città che hanno messo in campo esperienze specifiche ed hanno guadagnato un notevole vantaggio competitivo rispetto alle altre. La ricerca “ICity rate” realizzata da Forum PA e presentata lo scorso ottobre a Bologna, ha dimostrato che a prescindere dalle dimensioni del centro urbano, la maggiore concentrazione di casi di successo è localizzata al centro nord. La ricerca, che ha coinvolto 103 capoluoghi di provincia, aveva l’obiettivo di identificare le città più smart e più attente ai reali bisogni dei cittadini.
 
Bologna, Parma e Trento si piazzano in testa alla classifica generale, seguite da Firenze, Milano, Ravenna, Genova, Reggio-Emilia, Venezia e Pisa. Bisogna invece arrivare al 43esimo posto per incontrare la prima città del Sud, che è Cagliari, seguita da Lecce (54°) e Matera (58°).Roma si posiziona soltanto al 21esimo posto, mentre segnano decisamente il passo le altre tre: Bari (69°), Napoli (77°) e Reggio Calabria, che si colloca all’87° posto. Chiaramente i dati, come ha anche sostenuto il direttore di Forum PA, non devono essere intesi come un punto di arrivo, ma come il punto di partenza dal quale trarre informazioni utili sulle best practice e spunti di riflessione per possibili azioni di miglioramento. La particolare sensibilità verso la tematica è emersa anche a livello nazionale con i numerosi interventi che il Governo ha avviato in tal senso. Possiamo ricordare i bandi Miur finalizzati a cofinanziare con circa un miliardo di euro in iniziative pubblico-private per la creazione di Smart Cities, ed il successivo Decreto Crescita che ha previsto azioni e strumenti specifici per la creazione di Comunità Intelligenti italiane.
Per stilare la classifica, poco fa menzionata, sono stati utilizzati oltre centro indicatori riferiti a sei dimensioni: economia, ambiente, mobilità, qualità della vita, governance e capitale umano. La scelta delle dimensioni non è stata casuale, ma è stata condizionata dalla volontà degli operatori, di uniformarsi al lavoro svolto dalla Commissione Europea con l’obiettivo di rendere i risultati il più possibile equiparabili a livello internazionale (vedi anche www.misuredelbenessere.it/).
 
Ed è proprio a livello internazionale, che oggi possiamo annoverare innumerevoli esempi di soluzioni urbane smart. Nel settore della mobilità Hong Kong è sicuramente un caso da manuale. L’84% della popolazione asiatica si muove usando i mezzi di trasporto pubblici o la bicicletta. La penetrazione della Mobility Card Octopus per il trasporto pubblico è la più alta al mondo e può essere usata su autobus, tram, traghetti, metropolitane, trani ad alta velocità e a lunga percorrenza. Uno degli elementi chiave che ha favorito la rapida affermazione della card è la sua capacità d’integrazione con altri servizi: può infatti essere utilizzata come carta di credito e dà diritto a ricevere sconti in molti negozi.
 
Un’altra città all’avanguardia, senza doverci spostare troppo in termini territoriali, è Singapore. Quest’ultima vanta un approccio fortemente innovativo nel campo della sanità e dell’e-health, tanto che il National Electronic Health Records rappresenta un fiore all’occhiello del paese. Grazie a questo sistema, i medici e gli operatori sanitari sono in grado di accedere in tempo reale a tutte le informazioni clinicamente rilevanti di un paziente, con la possibilità di migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria, ridurre i costi dei servizi sanitari e le possibilità di errore, ma anche di promuovere politiche sanitarie più efficienti.
 
Città all’avanguardia in tema di tecnologie digitali è sicuramente Londra. Essa è sede di un importante centro di ricerca sulle smart city ospitato presso l’Imperial College e patrocinato dal Research Council, che gode di una sovvenzione di 5,9 milioni di sterline e ha lo scopo di mettere a punto sistemi più efficienti nei trasporti, nella gestione della burocrazia, nel business e nel mondo accademico, avvalendosi della città come laboratorio per la digitalizzazione di utenze e servizi. Presso la penisola di Greenwich è stato sperimentato lo Urban Operating System (UOS™), un sistema operativo progettato per alimentare la città smart del futuro, che mira a connettere servizi essenziali come l’acqua, i trasporti e l’energia. Un elemento molto interessante dell’approccio londinese e che chiama in causa anche la variabile umana e non soltanto quella tecnologica, è rappresentato proprio dal concetto di partecipazione. La governance mette a disposizione in un apposito sito web, tutti i dati pubblici, sottoponendoli all’indiscutibile giudizio di cittadini ed aziende che ne fanno uso.
Potremmo scrivere un libro sui numerosi casi che si sono sviluppati negli ultimi anni, ma già numerosi rapporti citano dati ed esempi emblematici. Le smart city devono rappresentare un’opportunità non soltanto per la comunità internazionale, ma anche per l’Italia. Abbiamo già evidenziato l’importanza di dare una prospettiva a questo tema, e abbiamo già ricordato quanto sia importante non ridurre il tutto ad una semplice trasposizione di modelli e soluzioni sviluppate altrove al contesto italiano. Le smart cities devono essere l’occasione per rimettere la valorizzazione del territorio urbano al centro dell’agenda economica e sociale del paese. La marcata frammentazione di sperimentazioni e iniziative smart che sta ridisegnando il nostro Paese rischia di non essere funzionale ad altro se non a sottolineare le diversità di azione fino ad ora tenute. Questo perché le politiche settoriali, i singoli progetti o l’adozione di tecnologie scollate dal contesto, non consentono di rendere il territorio veramente smart.
 
I metodi e le tecnologie applicabili al contesto urbano possono essere molteplici (sensoristica e nuovi materiali, NGN, Internet of things, Cloud, nuovi sistemi di mobilità) ed è evidente che l’integrazione delle moderne tecnologie digitali con i sistemi fisici esistenti, aprirà il passo a nuove opportunità. Un esempio su tutti può essere rappresentato dai cosiddetti “edifici intelligenti”. Sono ormai note le possibili operazioni che un utente è in grado di fare all’interno della sua abitazione grazie a speciali sistemi che integrano le funzioni di automazione dell’edificio e ne ottimizzano la gestione. 
Ma per contribuire alla realizzazione di un Paese connesso, è necessario dare organicità alle attività locali sui temi smart, garantire una proattività da parte dei livelli centrali di governo e policy orientate alla continuità delle scelte operative. L’Italia, grazie all’enorme lavoro portato avanti dal governo in questi ultimi mesi, deve giocarsi la prima grande opportunità “globale” di costruire una Smart City Italiana, per sottolineare, in questo momento di grande difficoltà, la creatività, l’energia e la potenzialità del sistema Italia. Il nome di questa opportunità e’ naturalmente: EXPO 2015. 

Fonte: Agenda Digitale