Il manager della saudita Sabic: puntiamo su start up

Stiamo cercando idee anche in Italia. Non abbiamo problemi di spesa, quanto di trovare opportunità valide».
In un clima di profonda recessione, le parole di Ernesto Occhiello, vicepresidente esecutivo della Saudi Basic Indutries Corporation, risuonano forte. Occhiello è piemontese.
Nasce professionalmente alla Montedison, quindi passa alla Enichem e poi all’americana Dow Chemical. Da circa un anno è alla Sabic, uno dei primi gruppi petrolchimici del mondo, la più grande compagnia pubblica dell’Arabia Saudita, il cui governo detiene il 70% del capitale, un colosso da 33mila dipendenti in 40 Paesi (in Italia ne ha due in Lombardia) con un fatturato di 50miliardi di dollari l’anno.
Occhiello è responsabile del comparto tecnologia&innovazione. Sovrintende alla ricerca, sostenibilità, venture capital e licensing tecnologica. Spiega che la Sabic ha come obiettivo quello di «crescere decisamente ».

 

 Quanto? Se ad esempio Sabic crescesse di 2-3 punti più del Pil mondiale, a parità degli altri fattori, raddoppierebbe il fatturato in circa 10 anni.

Raddoppiare il fatturato?
«Certo, in 35 anni siamo passati da un fatturato zero a 50 miliardi. Io devo contribuire a tale crescita diciamo per un 25%».

Da qui, la caccia alle idee anche all’esterno del gruppo.
«Dobbiamo farlo. Ricerca, innovazione, tecnologia sono il “carburante” della crescita. Idee con uno sviluppo nel lungo periodo, ma anche progetti già semi-sviluppati, che consentono di accorciare i tempi».

Guardate solo al settore chimico?
«Non esclusivamente. Il nostro gruppo produce fertilizzanti, metalli. Stiamo lavorando per diventare leader nella produzione della fibra di carbonio, guardiamo alle fonti energetiche alternative, alla sostenibilità, alla biomedica».

Quali aree state battendo?
«Europa, Giappone, Stati Uniti».

Italia inclusa?
«Sì. L’Italia ha una forte tradizione d’innovazione ad esempio nelle materie plastiche. E poi, cerchiamo di muoverci in aree non ancora battute dai nostri concorrenti. Nel Paese esistono molti laboratori interessanti, aggregati soprattutto attorno al Cnr e alle Università».

Come vi siete già mossi?
«Abbiamo accordi col Cnr per avviare progetti in comune e abbiamo attività con il Politecnico di Milano. A Torino siamo interessati allo studio di una start-up creata dal gruppo della professoressa Maria Lodovica Gullino incentrato su un parassita della palma da dattero: in Arabia Saudita abbiamo 23 milioni di piante da dattero ed è dunque strategica la loro difesa. Abbiamo preso contatto con alcune aziende e grandi gruppi. Insomma, ci stiamo muovendo».

Che cosa offrite?
«Siamo pronti ad acquisire aziende in start-up, al 100% o partecipandole con quote capitale. A finanziare progetti, ad acquistare brevetti, a stringere accordi di licenze commerciali ».

Quanto potete investire?
«Non ci sono limiti di budget. Potrei dire 50 milioni di dollari, giusto per dare una dimensione.Io personalmente ho potere di firma per singoli investimenti sino a 5 milioni di dollari. Il nostro problema non è la redditività, ma crescere in fretta…».

Siete interessati anche ad assumere “cervelli”?
«La mia divisione occupa 1600 persone. Tra dieci anni saranno 3 mila. Anzi, probabilmente di più, perché la componente della tecnologia avrà un peso ancora maggiore. Il talento è sempre ben accetto».

Fonte: http://www3.lastampa.it