Caro Direttore,

Uno dei più più gravi fattori di debolezza della nostra economia è la bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro e ai processi di creazione di nuove imprese. E’ statisticamente provato che i paesi nei quali  più alta è l’occupazione femminile  e più alta è la natalità di imprese “rosa”,  costantemente maggiore è anche la crescita economica complessiva.

 

Poichè, come ha scritto lunedì scorso Francesco Giavazzi sul Corriere, i mercati sono oggi  preoccupati principalmente  della nostra mancanza di crescita, la più grande occasione per il  futuro immediato è sorprendentemente semplice: sostenere la famiglia, fattore di coesione sociale, aiutando le donne italiane a conciliare  impegni familiari e impegni di  lavoro per diventare quel fattore di sviluppo economico del quale non possiamo più fare a meno.

 

Questa è, del resto, l’indicazione che Mario Draghi aveva inserito nelle sue “Considerazioni finali”  dello scorso 11 luglio, prima di avviarsi a diventare presidente della BCE, quando pronuncio’ parole chiare sulla necessità di un maggior investimento sociale e produttivo per le donne. E’ ragione di profonda amarezza e delusione constatare che anche nell’ultima manovra varata dal Governo non vi è invece traccia di interventi strutturali, che mi permetto ora di suggerire, per rimediare a questo fattore di cronica debolezza della nostra economia. Delle “ricette” europee, il Governo ha seguito solo quella che ci imponeva, giustamente, l’adeguamento a 65 anni dell’eta’ pensionabile per le donne, ma non quella che chiedeva, ad esempio,  l’introduzione  in Italia degli standard europei previsti per favorire l’accesso delle donne  al lavoro e la creazione di servizi pubblici  per conciliare tempo-famiglia  e tempo-lavoro.

Una grande occasione è stata persa e  in futuro non si potrà più parlare di credibili politiche  per la crescita senza affrontare seriamente  il problema donne-lavoro-impresa. Nelle ultime manovre varate dal Governo per assicurare al Paese la necessaria stabilità e sicurezza  finanziaria, la famiglia e le donne  sono i grandi assenti sia come fattori determinanti di equità sociale sia come fattori decisivi di crescita e sviluppo.

Addirittura, alcuni interventi appaiono  come una seria minaccia di ulteriori  effetti di iniquità e di recessione: i nuovi  tagli lineari di spesa che colpiranno inevitabilmente alcune aree di servizi alla persona e le misure straordinarie di prelievo fiscale applicate senza distinguere tra famiglie mono o pluri-reddito oppure senza distinguere  tra famiglie con uno o più figli a carico,  provocheranno un

indebolimento del ruolo delle donne nella nostra economia aumentando così il rischio di maggiori disuguaglianze sociali e di crescenti ritardi nell’uscire dal ciclo di bassa crescita nel quale ci troviamo.

Altri Paesi, sia pure in condizioni molto diverse tra loro,  hanno saputo in questi anni porre rimedio al dramma delle  famiglie e delle donne come eterne prime vittime delle crisi economiche, trasformando situazioni di grave disagio sociale in importanti opportunità di sviluppo.

La Germania, nel 2008, ha varato un progetto per assicurare ad ogni bambino sotto i tre anni lo spazio per essere accudito in un asilo nido, trovando le risorse per dare alle madri un  sostegno del reddito da utilizzare per questa fondamentale esigenza di conciliazione tra tempo-famiglia e tempo-lavoro. In Brasile il programma “Bolsa Familla”  ha permesso in poco tempo a due milioni di famiglie di uscire dai livelli di povertà ed entrare nella fascia del ceto medio che maggiormente contribuisce oggi all’impetuoso sviluppo economico interno del paese.

Il caso di Milano, dove negli ultimi anni si è riusciti con strumenti innovativi di welfare familiare e di incentivazione alle attivita’ imprenditoriali a raggiungere un’occupazione femminile  del 58%, vicino all’obbiettivo europeo del 60%, e una crescita del 7,6% in 4 anni delle imprese guidate da donne (70 mila imprese sulle 340 mila  presenti oggi  nel territorio milanese sono “femminili”),  può essere un’utile indicazione per le politiche economiche  del nostro Paese.

In questa prospettiva avanzo quattro proposte  che potrebbero essere raccolte subito in sede di revisione della manovra oppure quando si discutera’ a settembre la delega fiscale e previdenziale:

1) Destinare  parte del risparmio nei costi previdenziali che verrà dall’innalzamento dell’età di vecchiaia delle donne al finanziamento dello start up di imprese femminili;

2)  Inserire, nelle nuove politiche del lavoro introdotte per rafforzare la contrattualizzazione aziendale e territoriale, incentivi all’occupazione femminile;

3) Valorizzare le reti di sostegno all’imprenditorialità femminile che – sull’esempio di cio’ che gia’ fanno comunita’ come  “Donne Imprenditrici” promossa da Gianna Martinengo – stanno lavorando per sviluppare forme di “E-work” e di utilizzo delle tecnologie per conciliare le necessità del tempo dedicato al lavoro con la cura della famiglia;

4) Adottare uno strumento gia’ disponibile, concreto, flessibile e innovativo come il  microcredito per favorire la  nascita di centinaia di nuove imprese femminili.

Per quest’ultimo provvedimento, penso, in particolare, a forme di microcredito che sostengano idee  imprenditoriali di comunità  di giovani  donne come quella di cui parlava Lily Lapenna nelle scorse settimane proprio sul Corriere, presentando  “MyBnk” con i suoi 160 progetti d’impresa che hanno gia’ coinvolto 30 mila giovani “clienti” in tutto mondo. L’ideatrice di questa “impresa sociale”  mi suggerisce  che anche in Italia si potrebbero coinvolgere molte giovani ragazze delle università, per esempio quelle dello IULM, dove opera Patrizia Galeazzo con la rete donnepermilano.it, per facilitare il loro ingresso nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria. E così via, allargando in tutto il Paese una grande “rete femminile” di lavoro e di impresa.

Sono soltanto alcune proposte sulle quali sarebbe utile lavorare per ridare alle nostre donne quel ruolo attivo nel lavoro e nell’impresa di cui l’Italia ha drammaticamente bisogno per riacquistare la fiducia dei mercati, riprendendo il cammino della crescita e dello sviluppo abbandonato da troppo tempo.

Letizia Moratti

Fonte: ilcorrieredellasera