Business Insider compila una lista delle signore più importanti nel mondo dell’open source. Nove i nomi scelti tra cui un’italiana, Elena Zannoni: "Non fatevi scoraggiare dalla mancanza di colleghe nel mondo informatico"

Vanno cercate e trovate, portate alla luce, fuori dai monitor dei computer. Ma ci sono. Hanno studiato duramente, spesso più dei rispettivi colleghi, per conquistare uno spazio in settori dominati dagli uomini. E alla fine ce l’hanno fatta, le donne nel mondo della tecnologia. Ad accendere i riflettori sull’universo dell’high tech femminile, stavolta, è il sito americano Business Insider, con una lista dedicata alle quote rosa dell’open source, il codice aperto.  Sono nove i nomi scelti dalla famiglia del software libero Linux, per rappresentare le signore che giorno dopo giorno lavorano alla sua costruzione. Per dire che, dietro al sistema in grado di far funzionare il mondo moderno, non c’è solo il cromosoma Y. Non hanno le statistiche al loro fianco: secondo le stime più recenti, quando si parla di lavori legati al computer, gli uomini battono ancora le donne quattro a uno. La situazione peggiora se l’attenzione si sposta nello spazio dei codici sorgenti "free". Con un rapporto di dieci contro uno. Alleato delle programmatrici, però, è il tempo. La sensazione che qualcosa stia cambiando. Non solo negli Stati Uniti, con progetti come "Outreach program for Women" della Gnome Foundation, l’organizzazione no profit che punta alla creazione di una piattaforma informatica libera. Ma persino nel Bel Paese. A Milano Girls in tech, la rete nata per promuovere la crescita delle italiane nel settore tecnologico, ha di recente organizzato corsi di programmazione. Un sold out. "Sono arrivate ottanta ragazze piene di energia", spiega Gaia Costantino, manager tecnico dell’associazione. "Bisogna spingere le donne a pensare che il programmatore non sia solo un nerd asociale, ma che potranno essere loro stesse a creare i prodotti delle aziende future". 

Pinguini in Romagna. A colpire, nell’elenco di Business Insider, è la presenza di una romagnola: Elena Zannoni, linuxara e programmatrice per Oracle, la società di software californiana. Commenta a Repubblica.it: "Negli Stati Uniti la gestione domestica è facilitata dalla presenza d’infrastrutture adeguate. Ci sono più asili. C’è una maggiore flessibilità da parte dei dirigenti d’azienda che permettono il telelavoro. In Italia la mancanza d’interesse femminile per le discipline dello Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica ndr) potrebbe anche essere dovuta alle aspettative, intrinseche nella cultura, sulla donna e sul suo ruolo nella famiglia". 
Per lei non c’è stato alcun problema. Ha studiato al liceo scientifico. "La matematica e la fisica mi sono sempre piaciute", spiega. Poi la laurea in Scienze dell’Informazione, a Pisa, dove "le classi erano molto teoriche perché non c’erano abbastanza computer per gli studenti. Questo rendeva difficile applicare ciò che si studiava". La sera dell’8 giugno 1990, quando in Italia l’arbitro fischia l’inizio dei mondiali di calcio (Camerun-Argentina), lei si trasferisce negli Stati Uniti per il dottorato in Computer science, alla Wayne State University. Lì sboccia la passione per la programmazione che la porta a muovere i primi passi come ingegnere "debugger", l'elimina-bachi all’Hewlett-Packard, multinazionale informatica, fino al coinvolgimento con la Linux Foundation. 

Zannoni spesso era l’unica donna alle conferenze, sia in platea sia come relatrice. "A dire la verità: a me non è mai pesato", ammette. "Anzi, non ci faccio nemmeno caso. Ciò che consiglio alle più giovani è di non farsi scoraggiare dalla mancanza di colleghe nel campo informatico. Di dedicarsi con entusiasmo al software, se è la loro passione. Ci sono tanti progetti open source che hanno bisogno di aiuto. Si può cominciare partendo dalle cose semplici, che non è un iter per sole femmine, per esempio verificare la lista dei bug, errori, e cercare di risolvere quelli ancora aperti, o ancora: scrivere dei test". 

Fiducia in se stesse, "perché già in molti metteranno in pericolo la tua autostima, non c’è alcun bisogno di farlo da sole", la capacità di accettare dei rischi, così come i feedback, cioè i suggerimenti: sono le caratteristiche essenziali nel mondo della programmazione open source. Qui collaborare è fondamentale. Le paure? Inutili. "Fallisci presto, fallisci spesso e fallisci in pubblico. Altrimenti rischi di non contribuire mai", è il mantra di Angie Byron, la prima donna a finire in copertina sul giornale della comunità Linux. Che cosa hanno in comune tutte loro? La capacità di "imparare ogni giorno le une dalle altre". Lisa Nguyen, ingegnere a Linaro, il progetto no profit nato nel 2010 per sfruttare al meglio le sinergie tra Linux e i prodotti mobili: "Qualcuno della comunità Linux può avere delle maniere brusche, ma so già che sta criticando il mio codice, non me. Persino gli ingegneri con più esperienza imparano qualcosa di nuovo ogni giorno". Suparna Bhattacharya, indiana, ricercatrice Ibm: "Neanche i programmatori più navigati fanno sempre tutto giusto. Occasionalmente urlano gli uni contro gli altri, ma giusto per farsi sentire tra la folla". 

Alison Chaiken dell’Embedded Software division, i primi corsi serali di programmazione a quarant’anni suonati: "Fondamentale è mantenere il proprio senso dell’umorismo. Molto spesso persone ben intenzionate possono essere inavvertitamente offensive, ma molti modificheranno il loro comportamento e si scuseranno se glielo si chiede con gentilezza".

Come ha fatto Sarah Sharp, ingegnere a Intel, quando l’estate scorsa si è ribellata con un post pubblicato sul suo blog alle offese verbali. Sono routine nella comunità Linux - dove il creatore, Linus Torvalds, è noto per essere una lingua velenosa – e intimoriscono le programmatrici più giovani. Torvalds le ha risposto sbraitando: "Fottiti". Ma la sua protesta ha creato maggior consapevolezza, soprattutto nelle compagnie commerciali come Red Hat, ha assicurato il Ceo Jim Whitehurst alla giornalista Julie Bort.
 
Fonte: Repubblica