Grazie al finanziamento dal basso, chi propone sul web una buona idea può vederla concretizzare mobilitando amici e contatti. All'estero funziona e qualcosa si muove anche in Italia.

C'era una volta chi aveva una grande idea, il sogno di una vita, un progetto su cui avrebbe scommesso anche la mamma, ma nessun mezzo a disposizione per realizzarlo. Oggi c'è Internet e ci sono i social network. E una cosa che si chiama crowdfunding, ovvero finanziamento dal basso, di massa, che punta sull'enorme potenziale di amici e contatti in rete e sfrutta Internet come bacino per la raccolta di fondi.

 Idea amatoriale? Mica tanto: col crowdfunding il Louvre ha comprato un quadro di Cranach, Le Tre Grazie: a forza di singoli contributi, da un minimo di un euro a donazioni ben più consistenti, il museo parigino è riuscito a mettere insieme in un mese un milione di euro, la cifra che mancava per poter aggiungere alla sua collezione la preziosa tela. Tous mécènes, tutti mecenati: questo il nome della campagna che ha permesso di raggiungere l'obiettivo grazie alla massa critica della rete e che distilla perfettamente l'essenza del fenomeno. Con le microdonazioni, poi, Barack Obama, molto attento al web 2.0, su internet ha raccolto 500 milioni di dollari per la sua campagna elettorale, un caso che ha fatto scuola.   

L'idea del crowdfunding è semplice: l'unione fa la forza e il mezzo è la rete. Si propone un progetto e chi lo trova interessante può sostenerlo ovunque si trovi, dando un contributo. Donazione dopo donazione, clic dopo clic, si contribuisce a realizzare il budget richiesto per dare vita all'idea. Se lo si raggiunge, nel tempo che ci si è prefissato, si incassano i fondi e, via, si parte.  

I big all'esteroKickstarter, la "più grande piattaforma per promuovere progetti creativi nel mondo", come si presenta, da New York, è stato il precursore, scommettendo sul fatto che una buona idea, se presentata nel modo giusto, viaggia veloce. E che un gruppo allargato di persone può diventare una strepitosa miniera di fondi ed incoraggiamento. Su Kickstarter, ad esempio, ha visto la luce Diaspora, social network open source, che fa della difesa della privacy la propria bandiera. Una sorta di anti-Facebook che sulla piattaforma ha raccolto 200mila dollari, ben oltre i 10mila richiesti per la partenza. 

All'estero il canale è ben testato e ha dato risultati a diverse cifre, soprattutto in ambito artistico e creativo. Colossi come Indiegogo o la vetrina francese di Ulele, coinvolgendo la comunità del web, sono riusciti a presentare migliaia di progetti, bizzarri o meno: dall'idea di ripristinare la connessione internet a Misurata, in Libia, al lancio del primo cd per l'esordiente Melissa Simonson. Altri siti vanno più sullo specifico: Spot us6- che ha anche un equivalente italiano - ad esempio è una start-up che fa incontrare freelance e lettori, che possono decidere di finanziare inchieste o reportage specifici, ricevendo poi aggiornamenti sullo stato di avanzamento del progetto. O emphas.is, per il crowdfunding applicato al fotogiornalismo, mentreSellaband cerca finanziamenti esclusivamente per promuovere la musica.  

Il crowdfunding si è rivelato prezioso anche nel sociale e per la gestione di emergenze: basta pensare a Causes, una applicazione su Facebook che permette di far cassa per diverse campagne - e una delle ultime è stata quella per il terremoto in Giappone - che, dal 2004 ha finanziato 300mila progetti, raccogliendo 16 milioni di dollari.  

Il panorama italiano. E in Italia? Qualcosa si muove ma l'idea fatica a decollare, un po' per diffidenza, un po' per la difficoltà a far capire esattamente di cosa si tratta. Uno dei primi siti è stato YouCapital - legato all'associazione no profit Pulitzer - pensato per giornalisti, freelance o blogger che hanno un'inchiesta da realizzare e cercano fondi, che oggi ha oltre 21mila sottoscrittori. Eppela, piattaforma di crowdfunding made in Italy, è l'ultimo arrivo, nata da poche settimane per finanziare dal basso idee e progetti, come costola dell'agenzia di comunicazione anteprimaADV. Si rivolge a talenti europei, appassionati o professionisti, privati o istituzioni, dando loro una vetrina dove poter presentare le proprie idee, divise in categorie: Public e no profit, art e entertainment, Life e technology. 

"E' un progetto aperto e indipendente", ci tiene a spiegare Nicola Lencioni, amministratore delegato, "cui tutti possono partecipare". L'importante è che l'idea sia buona. "Eppela è pensata come uno spazio a 360 gradi, dove si possono avere informazioni ed interagire su diversi livelli, in un'ottica di acquisto e non di charity". Cioè? Si donano, ad esempio, due euro per un progetto in ambito musicale ma in cambio si ha qualcosa di esclusivo, che può andare da un incontro con l'artista che si sceglie di sostenere, al cd autografato che si ha contribuito a far realizzare. Chi dona riceve cioè un plus personalizzato. "Ci sono tantissimi progetti che potrebbero diventare fiori all'occhiello, ma rischiano di non vedere mai la luce se non si hanno le possibilità o gli agganci giusti. Perché i canali tradizionali di finanziamento preferiscono investire sul sicuro e non correre rischi. Eppela vuole dare a loro una chance", dice ancora Lencioni, "che si tratti di singoli o istituzioni", sfruttando le potenzialità della rete e la sua capacità di aggregazione.

Come funziona. Il modello che segue Eppela è quello di Kickstarter: dopo aver superato uno screening di qualità e specifiche di eticità, il progetto può essere presentato sulla piattaforma. Si fissa un budget minimo da raggiungere entro una precisa scadenza e una serie di "ricompense" di crescente importanza a secondo dell'importo donato. Si cerca poi di pubblicizzare il più possibile fra amici e contatti l'idea. Se il budget si raggiunge, la raccolta fondi può continuare, senza limiti, fino alla scadenza prevista. In quella data, all'autore si verrà versata l'intera somma realizzata e il 5 per cento andrà a Eppela. Se il budget non si raggiunge, il progetto viene chiuso e nessuno ci rimette o guadagna nulla.   

Un canale ormai rodato all'estero. In Italia però ci si scontra ancora con il pregiudizio legato all'online e alla sicurezza. "Siamo ancora indietro rispetto agli altri", ammette Lencioni, eppure 7 persone su 10 hanno una connessione internet e siamo i secondi in Europa per uso di social network". Il primo progetto di Eppela è Eppela stesso: budget fissato 12mila euro, deadline a 30 giorni. "E' una pura provocazione, per metterci in discussione", dice Lencioni. A una settimana dalla scadenza, rimane da coprire circa un terzo del del budget prefissato.     

Parola chiave: trasparenza. Il segreto del successo sta tutto nella trasparenza, per Creative Swarm, piattaforma open source creata da un team di italiani per far incontrare progetti creativi con potenziali supporter. "Cerchiamo di differenziarci in diversi modi", racconta Sebastiano Amato, ingegnere, informatico e presidente e cofondatore di Creative Swarm, ora in fase di ridefinizione. "Vogliamo essere completamente cristallini", spiega, "e per questo ci siamo costituiti come associazione no profit. E ci sembra importante tutelare le idee messe on line, certificandone la data di immissione, per mettere al riparo gli autori da eventuali plagi, cosa che purtroppo, a volte, succede", spiega. Su Creative Swarm, sciame creativo, i progetti vengono valutati in base al gradimento del pubblico, al valore dell'idea stessa e in base ad un rating anche etico sulle informazioni che l'autore da di sé stesso. Per i tempi di raccolta dei fondi "non c'è una slot fissa", dice Amato, ma in funzione del rating del progetto e della cifra che si vuole raggiungere, si decide un tempo massimo. E non è detto che il contributo debba essere strettamente finanziario: "sulla piattaforma un progetto si potrà sostenere anche in altro modo, come un libero professionista che decide di aiutare una start-up mettendosi a disposizione gratuitamente come consulente, o un'azienda che decide di concedere uno spazio fisico per un progetto in fase di nascita", chiarisce Amato, che conta di essere pienamente operativo con la piattaforma il prossimo anno. 

Amici e contatti? Un capitale. "With a little help from my friend", cantava Joe Cocker. E gli amici in genere sono bendisposti a dare una mano anche mettendo mano al portafogli, ma si devono fidare. Capire dove va esattamente il loro contributo, essere informati dei progressi, sentirsi coinvolti. Ne è convinto Alberto Falossi, consulente informatico e professore all'università di Pisa, dove insegna come sfruttare l'informatica in azienda e nel business. È lui la mente dietro Kapipal, sito italiano di crowdfunding - anche se tutto in inglese - partito nel 2009 il cui mantra è i "tuoi amici sono il tuo tesoro". Sono loro che ti fanno realizzare i tuoi sogni, si legge nel manifesto sul sito. Che continua così: il tuo capitale dipende dal numero di amici, e dalla fiducia e in ultimo cresce a forza di passaparola. 
 
Quello della fiducia è un aspetto chiave, dice Falossi, ricordando che almeno la metà dei progetti in cerca di crowdfunding non trova contributi, sia su Kapipal come sul gigante Kickstarter, perché gli utenti non donano agli sconosciuti oppure perché la comunicazione non ha funzionato. 

Kapipal - un gioco di parole su capital e pal, amico - a differenza degli altri punta soprattutto su progetti personali. A colpi di mouse si può donare, attraverso Paypal, per la causa che si trova più degna, accattivante, originale o semplicemente simpatica. Si può scegliere, ad esempio, di sostenere Katie Bradley, una ragazza di 14 anni inglese con tanto di occhioni blu imploranti, che vuole andare ai campionati mondiali junior di taekwondo in Gran Bretagna, ma ha bisogno di tirare su 250 sterline. Aiutare una scuola del Perù che deve comprare una lavagna o dare una mano ad Ayana a comprare il regalo di compleanno ideale per il suo Curtis, qualcosa di davvero speciale ma un po' fuori budget per lei. 

"Finora abbiamo raccolto circa 280mila dollari, ma il grosso del traffico viene da fuori, dalle Americhe soprattutto", dice Falossi. "In Italia la percentuale è ancora modesta, anche se qualcosa sta cambiando". Scontiamo un problema culturale, di diffidenza verso carte di credito e pagamenti on line. "Ma se si riescono a coinvolgere amici e familiari, allora va decisamente meglio. Per questo preferisco i progetti piccoli, dalla lista di nozze al cellulare nuovo", racconta. 

Il papà di Kapipal crede in questa forma di mecenatismo moderno digitale e scommette che prima o poi crescerà anche da noi. "Il potenziale è enorme" dice, "è la potenza della folla". Non sarà la soluzione a tutti i problemi, anche in tempi di crisi, ma "se nel tuo piccolo hai già investito fra i tuoi amici, qualcosa ti ritorna, anche in termini economici", conclude. È il capipalismo, stupido.
 

Fonte: repubblica.it