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Da venerdì 15 maggio il decreto Poletti è legge. Il dibattito sul provvedimento per il rilancio dell’occupazione resta aperto: da una parte il plauso delle imprese per cui il decreto amplia le possibilità di una flessibilità "buona", dall’altra i timori dei sindacati per una maggiore precarizzazione nei contratti. Da qualsiasi prospettiva lo si voglia guardare, il decreto Poletti supera la legge Fornero, in alcuni dei suoi principi cardine. Ecco cosa cambia. 

I contratti acausali 
La novità più grande riguardante i contratti a termine è l’eliminazione dell’obbligo, per le aziende, di inserire la motivazione per cui l’azienda ha fatto ricorso a un contratto a tempo indeterminato. Se prima occorreva enumerare le ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive che rendevano legittima l’apposizione di un termine al contratto con il dipendente, ora quest’obbligo decade. I contratti acausali, inoltre, potranno essere rinnovati fino a 36 mesi e non più, come con la legge Fornero, fino a 12 mesi: i rinnovi potranno essere fino a un massimo di 5.  

Nell’indagine condotta da Duepuntozero Doxa, più della metà degli utenti usa gli strumenti della Rete per trovare opportunità e scoprire nuove professioni.
 

Il 67% degli italiani utilizza i motori di ricerca su Internet come risorsa per trovare professioni e persone con cui collaborare, per differenziarsi e avviare un’attività imprenditoriale. A rivelarlo è l’indagine «Gli italiani e i motori di ricerca», condotta da Duepuntozero Doxa per Google, con l’obiettivo di comprendere il ruolo che i motori di ricerca hanno assunto per gli utenti della rete.  

Cosa gli italiani cercano su Internet? Dalla ricerca è emerso come i motori di ricerca offrano a coloro che cercano un lavoro o vogliono rimettersi in gioco una serie di opportunità e spunti che non sempre emergono attraverso una ricerca tradizionale. Il motore di ricerca rappresenta una finestra aperta sul mondo del lavoro: l’indagine evidenzia che il 66% degli italiani lo usa per trovare spunti inediti per svolgere in modo nuovo e differente il proprio lavoro, il 48% lo utilizza alla ricerca di idee innovative per una nuova attività, il 47% per cambiare lavoro, il 40% perché è alla ricerca di persone con cui iniziare rapporti professionali.  E non manca chi cercando in rete ha scoperto nuove professioni, trovandole in alcuni casi seriamente interessanti e in altri semplicemente curiose. Il 63% degli italiani ha scovato online lavori di cui ignorava addirittura l’esistenza, come il tree climber, che pota gli alberi con la tecnica dell’arrampicata su roccia per offrire servizi di giardinaggio professionale a costi contenuti.  

Un conto è la sobrietà, un conto la depressione. Gli italiani che hanno ristretto cinghie, spese e investimenti nel vivo della crisi si ribellano ai «catastrofismi» e rincorrono gli impulsi di crescita. Perché i segnali, tra i timidissimi cenni di ripresa, ci sono: il boom dei quasi 400mila imprenditori nati all'estero, il controesodo di talenti under 30, le spese a metà prezzo nei negozi locali...

Il Censis, in un'indagine realizzata in coppia con Eni («Una prospettiva di vigore per uscire dalla depressione») ha individuato "energie e soggetti vitali" che possono allentare la morsa dell'austerity. Eccoli.

Imprese e start up. Milano la città più vitale

Aziende in declino o in fuga all'estero, zavorre fiscali, svendite ai big internazionali... Che l'impresa soffra è un dato di fatto. Ma perfino un anno in bilico come il 2013 ha registrato un saldo in positivo: secondo il Censis, il rapporto quotidiano tra società nate e in chiusura è di 1.053 a 1.018, con ben 2mila start up innovative a regime. La vitalità attechisce con ritmi diversi: tra le città che gli italiani considerano più "vigorose" primeggia Milano, qualificata al primissimo gradino del podio dal 69% degli intervistati. Seguono, con buon margine, Torino e Roma: 22% e 14%. Su scala provinciale i territori più effervescenti nella creazione di imprese e occupazione sono Prato, Monza e Brianza, in una top 20 scandita da località del centro Italia (10 posizioni), nord est e nord ovest (7 e 3 posizioni). E tra chi si orienta all'estero? Sopravvivono le mete – o gli stereotipi - di sempre. L'«intramontabile sogno yankee» continua a far breccia, se è vero che il 44% degli intervistati e addirittura il 54% dei giovani dai 18 ai 29 anni indicano gli States come nazione più pulsante al mondo. Restano in crescita Far East, Oceania e due terre d'approdo classiche in Europa: Giappone (27,5%), Cina (23%), Australia (21%), Regno Unito (13%) e Germania (13%).

Metà dei lavori di oggi spariranno nel giro di vent’anniA dirlo è una multinazionale dei mass media come AOL, e non è un’affermazione estemporanea: già nel 1999 il Department of Labor americano sosteneva che il 65% degli studenti delle scuole superiori si sarebbero ritrovati a fare lavori che ancora non c’erano. È invece la MIT Technology Review a spiegare come nei prossimi vent’anni verrà automatizzato il 45% dei lavori oggi esistenti in America, cominciando da trasporti, logistica e amministrazione.

I lavori nuovi saranno quelli che richiedono empatia, creatività, capacità di negoziazione… tutti campi che un’intelligenza artificiale, per quanto sofisticata, non riesce a padroneggiarescrive Massimo Gaggi su La Lettura del Corriere della Sera. E aggiunge che la transizione sarà lunga e dolorosa.
Gaggi segnala tre altre cose interessanti. La prima: i computer svolgono bene compiti anche complessi ma ripetitivi, e dunque si salveranno i lavori manuali, dall’infermiere all’idraulico, che prevedono alti livelli di imprevedibilità e di variabilità ambientale (invece, per esempio, le case potrebbero essere stampate in un giorno da una macchina invece che costruite mattone sopra mattone da esseri umani).