La pensione di vecchiaia delle donne si allontana sempre di più. L’innalzamento del limite di età è iniziato nel 1993 con la riforma Amato che ha portato la soglia anagrafica da 55 a 60 anni. A partire dal 2012 è cambiato tutto. La legge Monti-Fornero ha infatti dato un deciso colpo di acceleratore all’equiparazione con gli uomini, già peraltro decisa dal precedente governo Berlusconi. Dal primo gennaio 2012, infatti, l’età delle donne è salita di colpo a 62 anni - soglia alla quale già nel 2013 sono stati aggiunti 3 mesi (per via dell’adeguamento alle cosiddette speranze di vita) - e sarà ulteriormente elevata a 63 anni e 9 mesi nel 2014. Per le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane e coltivatrici dirette), invece, lo scalone del 2012 è stato di 3 anni e 6 mesi (l’età è passata da 60 a 63 anni e mezzo). Limite che salirà a 64 e 9 mesi nel 2014. 

Un’ancora di salvezza, a caro prezzo, è prevista per le sole donne. Se scelgono di andare in pensione con le vecchie regole - ossia a 57 anni di età con 35 di contributi (58 anni se lavoratrici autonome) - potranno continuare a farlo, in via eccezionale sino al 2015, scegliendo però un trattamento calcolato interamente con il sistema contributivo. Questo criterio, riferito alla contribuzione accumulata nell’arco della intera vita lavorativa, è sicuramente meno vantaggioso del sistema «retributivo», riferito agli stipendi degli ultimi anni, con una perdita in termini di pensione stimato in misura pari a circa il 25-30%.

Fonte: Corriere.it / Economia