L'indice di natalità è precipitato ai livelli minimi sotto il peso della recessione
 
 
In Italia il tasso di natalità (x 1000 abitanti) è di 9,2Meno soldi, meno bambini. Un’equazione tanto ovvia, quanto pericolosa, che adesso minaccia anche il futuro degli Stati Uniti, a causa della crisi economica che non accenna a passare.

Il tasso di fertilità delle madri americane, infatti, è sceso nel 2012 a 1,87 figli a testa, cioé il livello più basso degli ultimi venticinque anni. Nel 2013 si prevede che calerà ancora, andando quindi decisamente sotto la soglia di 2,1 bambini per donna, che è necessaria ad ogni generazione per riprodursi. Inutile ricordare gli effetti negativi che questo fenomeno ha sulla previdenza, le pensioni, e in generale il finanziamento dei servizi sociali che lo stato fornisce ai suoi cittadini. I dati di cui stiamo parlando, ripresi da vari media americani come Usa Today e Huffington Post, vengono da Demographic Intelligence, un centro studi di Charlottesville che analizza le tendenze demografiche per conto delle compagnie farmaceutiche e produttrici di accessori per l’infanzia. Sono informazioni precise, in altre parole, perché su di esse queste aziende basano le loro strategie industriali.
Il picco più alto di riproduzione negli Stati Uniti era stato raggiunto nel 2007, quando erano nati 2,12 figli per mamma. Una media quasi doppia rispetto a quella di molti paesi europei, Italia inclusa, che ormai ospitano popoli in via di estinzione, se le tendenze non cambieranno nel prossimo futuro. L’America sembrava al riparo da questa emergenza, e anche perciò guardava al domani con più ottimismo, sul piano economico e sociale. Nel 2008, però, è arrivato il colpo alle spalle. Prima il fallimento della banca di investimenti Lehman Brothers, e poi una crisi che ha provocato la peggior recessione dagli anni della Grande Depressione, seguita dalla ripresa più timida, lenta e incerta di sempre. L’ultima notizia negativa è di venerdì, quando il Dipartimento al Commercio ha rivelato che nel secondo trimestre del 2012 il prodotto interno lordo americano è aumentato solo dell’1,5%, in frenata rispetto al 2% del quarto precedente.

In queste condizioni, le giovani coppie stanno decidendo in larga maggioranza di rimandare i figli. Motivo: l’incertezza finanziaria. Di recente il Dipartimento all’Agricoltura ha calcolato che crescere un bambino fino all’età di 17 anni costa in media ad una famiglia americana 235.000 dollari, che salgono a 295.560 se corretti in base all’inflazione. In sostanza tra 12.290 e 14.320 dollari all’anno, quando va bene, senza considerare le spese per l’università. Una prospettiva troppo opprimente, per coppie che spesso non lavorano o guadagnano poco. Basti pensare che, secondo i dati del Dipartimento al Lavoro, negli Stati Uniti il 38% dei disoccupati ha tra 20 e 34 anni, ossia proprio l’età in cui si costruisce la famiglia e si pongono le basi per il successo professionale e retributivo.

Il risultato è che le giovani coppie rinunciano ai figli, almeno nella fase iniziale della loro relazione, ma così spesso si precludono la possibilità di averne più di uno. Il fenomeno è particolarmente forte tra gli ispanici e le persone più povere, che non hanno studiato all’università. Questo significa anche frenare la mobilità sociale, oltre a limitare le prospettive economiche di un paese che così non riesce più a conservare i livelli della propria forza lavoro. Dunque meno bambini, meno lavoratori, meno produttività, meno contributi e anche meno consumi. Un cane che si morde la coda, minacciando il futuro degli Stati Uniti, così come minaccia già quello del Giappone e di varie nazioni europee. Un dato significativo è che se si guarda i grafici della fertilità, salta all’occhio come la situazione di oggi somigli molto a quella dei primi anni ‘80, quando l’America usciva dalla crisi petrolifera. Allora gli Usa trovarono la forza, il coraggio e le idee, per dimenticare i guai e tornare a crescere.

Fonte: La Stampa