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Martedì, 25 Marzo 2014 08:15

Il lavoro agile serve alle donne (e agli uomini) che vogliono conciliare famiglia e lavoro. In realtà non è solo questo. Il lavoro agile  – o smartwork, come lo chiamano gli inglesi, per intenderci la possibilità dei dipendenti di lavorare da casa uno o due giorni la settimana - serve anche a chi vuole fare carriera. O, meglio ancora, a chi vuole tutto: sia i  figli, sia le soddisfazioni sul lavoro.

A questa considerazione giunge un’indagine  Catalyst. Il centro di ricerca internazionale focalizzato su donne e lavoro (http://www.catalyst.org/knowledge/great-debate-flexibility-vs-face-time-busting-myths-behind-flexible-work-arrangements) nel 2013 ha intervistato 726 signore altamente qualificate, con laurea e master, che lavorano a tempo pieno.  Bene, nelle aziende con forme di flessibilità dell’orario di lavoro queste donne si dicono interessate alla carriera nell’83 per cento dei casi. In quelle dove la possibilità di organizzarsi con libertà non esiste, solo una su due è motivata a salire nella scala gerarchica.

Oggi la crisi ha creato tanti problemi ma uno lo ha spazzato via: le aziende non hanno  difficoltà a reperire  personale motivato. Quando il mercato del lavoro tornerà in quelle che ancora aspiriamo a considerare condizioni “normali”, allora l’offerta di un’organizzazione interna flessibile potrebbe diventare un vantaggio competitivo nell’attirare i migliori talenti.

“Non c’è dubbio il lavoro agile  può supportare la leadership fimminile, non solo la generica partecipazione alla forza lavoro delle donne ‑ sostiene Odille Robotti di Leadershipfemminile.com ‑Sulla base dei dati Catalyst,  ci sarebbe un 30% circa di donne alti potenziali, che potrebbero farcela ad arrivare a posizioni apicali, ma riducono le proprie aspirazioni e si tirano fuori dalla gara perché ritengono che la carriera avrà un prezzo troppo alto o addirittura insostenibile”. Coinvolgere queste donne sarebbe un vantaggio per tutti. Se non altro perché l’investimento in formazione che la società ha fatto su di loro va recuperato.

D’altra parte anche tra le aziende si diffonde sempre più la consapevolezza che trattare i dipendenti come liberi professionisti, lasciando loro più libertà nell’organizzazione dei tempi del lavoro, può offrire vantaggi. A fare da apripista sono come accade spesso le multinazionali. Roberta Cocco, direttore responsabilità sociale di Microsoft: “Nella nostra sede di Milano le scrivanie sono il 30% meno dei dipendenti proprio perché si dà per scontato che uno su tre lavori da casa. E le riunioni si fanno lo stesso senza problemi”.  Vodafone Italia è pronta a estendere l’esperienza del lavoro agile dal settore vendite ad altri dipartimenti: “Abbiamo già un progetto articolato, ci crediamo. In linea di massima nei tre giorni centrali della settimana, martedì, mercoledì e giovedì, i dipendenti potranno scegliere se venire in ufficio o lavorare da casa”, spiega Elisabetta Caldera, direttore risorse umane. Laura Bruno, responsabile risorse umane di Sanofi Italia, ha firmato a fine 2013 un accordo con i sindacati che consentirà lo smartwork nella sede milanese della multinazionale francese del farmaco. E le adesioni sono già molto superiori al 15% preventivato all’inizio. Ilaria Santambrogio, marketing manager di Plantronic Italia, è essa stessa smartworker: “La nostra compagnia ha valutato i risparmi garantiti dal lavoro agile. E sono davvero notevoli: meno assenteismo, riduzione dei viaggi, crollo dei licenziamenti volontari”.

In tutto questo non si può nascondere che anche le migliori opportunità del lavoro agile si trasformerebbero in un boomerang se a farne uso fossero solo le donne. Una spinta all’utilizzo di forme più flessibili dell’organizzazione del lavoro anche a vantaggio dei dipendenti potrebbe venire dal governo nel caso in cui lo smartwork entrasse nel jobs act. “Ma moltissimo può fare già oggi la contrattazione a livello aziendale – sottolinea il giuslavorista Maurizio del Conte ‑. Visto che i contratti di categoria non si occupano di questo strumento, è la pratica dell’operatività delle aziende che può iscrivere il lavoro agile nell’agenda della politica”.

Fonte: La 27ma Ora