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Lunedì, 10 Febbraio 2014 10:45

"Sono molto soddisfatta. Sapevo ci sarebbe stata una grande adesione, ma siamo andati oltre le aspettative. Significa che lo smart working non è un argomento slegato dalla realtà, ma, anzi, assolutamente sentito dai cittadini italiani". Così Alessia Mosca, deputata del Pd, commenta con Affaritaliani.it la prima Giornata per il Lavoro Agile che si è tenuta ieri a Milano, e non solo. Sono circa seimila i dipendenti e collaboratori che hanno svolto le proprie mansioni al di fuori dell'ufficio. Centotré le realtà che hanno aderito, tra aziende, cooperative e studi professionali, enti pubblici come i comuni di Torino, Cremona e, naturalmente Milano. Oltre 1.500 i tweet con l'hashtag #lavoroagile.

Che cosa l'ha colpita di più del successo di questa prima Giornata?
"Ho avuto la conferma a una convinzione che già avevo. Questo non è un argomento che riguarda solo le donne. Anche moltissimi lavoratori hanno dimostrato interesse ed attenzione verso la modalità del lavoro agile".

A fine gennaio ha presentato in Parlamento un disegno di legge sullo smart working, firmato anche da Barbara Saltamartini (Ncd) e Irene Tinagli (Sc). Quali saranno i tempi di discussione?
"Al momento non sono quantificabili, ma cercheremo di seguire due binari diversi: oltre all'iter parlamentare classico, che richiede tempi più lunghi, speriamo di riuscire ad agganciare il tema dello smart working al pacchetto sul lavoro per avere un'approvazione più rapida".

Quali sono i nodi salienti della legge?
"Innanzitutto inseriamo il concetto di smart working, che è diverso dal telelavoro. Il primo indica una modalità operativa flessibile, che riguarda determinati giorni o ore durante la settimana, ma che prevede una stretta collaborazione con l'ufficio. Così si risolve il tema della segregazione del telelavoro, che invece vede il lavoratore operare sempre da remoto con una postazione fissa da casa. Inoltre il disegno di legge introduce una sburocratizzazione normativa: tra i vari motivi per cui il telelavoro non è mai decollato, c'era anche l'eccessiva burocrazia. Se la proposta diventa più facilmente attuabile da parte delle aziende, speriamo si diffonda più velocemente".

Le aziende italiane sono pronte a questa 'rivoluzione'?
"Ci sono realtà molto diverse. Alcune aziende stanno già sperimentando lo smart working, con molta soddisfazione, ma altre sono ancora molto lontane da un punto di vista tecnologico, ma anche della cultura manageriale. E qui ci vorrebbe proprio un cambiamento nella relazione tra dipendente e datore di lavoro. Con lo smart working si sottolinea il rapporto di fiducia, si definiscono gli obiettivi, più che il controllo fisico della presenza sul posto di lavoro, e cambiano le modalità di valutazione. Un meccanismo diverso rispetto alla concezione tradizionale, che però va nella direzione di migliorare molto la produttività e il riconoscimento del merito grazie a una maggiore trasparenza nelle valutazioni. Determinate mansioni si possono svolgere a casa, o comunque in altri luoghi che non siano l'ufficio, con maggiore attenzione e concentrazione, essendo fuori dal contesto di disturbo del lavoro".

L'Italia è però molto arretrata rispetto agli altri paesi europei.
"Noi siamo il Paese che ha meno sviluppato sia il telelavoro tradizionale che il moderno smart working. In altri Stati ci sono normative avanzate, mentre la nostra risale ancora agli Anni Settanta. Abbiamo allora pensato di presentare un disegno di legge per due ragioni. In primo luogo mettere fine alle disomogeneità tra le diverse aziende che hanno già attuato lo smart working senza però avere precisi riferimenti. In secondo luogo, le leggi aiutano anche a sollevare il dibattito".

E in questo senso l'obiettivo è stato raggiunto, allora.
"Sicuramente è nato un dibattito molto forte. Ma non considero ancora l'obiettivo raggiunto: speriamo che le aziende che hanno cominciato a discutere di lavoro agile adesso comincino anche ad attuarlo".

Fonte: Affari Italiani