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Martedì, 06 Settembre 2011 11:04

Di Angela Frenda
Fonte: La Ventisettesima Ora

Le chiamano IM, invention mums, e sono l’ultima novità nella blogosfera mammesca: donne giovani, con prole, che aprono un blog per raccontarsi. Ma lontane dagli stereotipi che le vorrebbero “madri disperate” perse tra pannolini, ragadi e insonnia. No. I loro siti rimandano immagini di ragazze sorridenti, vestite griffate, che vogliono fare tendenza proprio in quanto mamme cool.  Ne ho scritto sul Corriere sabato scorso. Il fenomeno, manco a dirlo, è soprattutto americano e inglese. Ma anche da noi sta prendendo piede, scalzando un po’ i “vecchi” mummy blog nati soprattutto per raccontare la fatica di quest’esperienza.

Il giusto equilibrio, ad esempio, l’ha trovato la 30enne Chiara Cecilia Santamaria con il suo Ma che davvero? (da cui è tratto il libro Quello che le mamme non dicono, Rizzoli): ci sono i problemi, ma conditi da tanta ironia. In genere però le IM sono concentrate a veicolare immagini glamour, suggerire prodotti “giusti” confezionati o scelti da loro; consigliare indirizzi segreti.

Basta dare un’occhiata al sito dell’americana Samantha Moeller,  della londinese Sharman Reid, in quello di Karine Candice. O, da noi, allacommunity Queenmother. Leggerle è divertente. Quasi liberatorio. Il messaggio è unico: mamma è bello e fa belle.

Ma poi viene da chiedersi: quanto c’è di reale in tutto questo? Di cosa stiamo parlando? 

Più o meno la stessa sensazione che si prova per le Yummy Mummies, altra categoria nata da poco, che ha tra le sue seguaci ex modelle come Elle Mc Pherson e Heidi Klum (iscritte alla community mothers-meeting), e ha siti culto come yummymummyclub: donne(solitamente belle) che subito dopo aver avuto un bimbo si scatenano per conquistare le propria forma eripristinare la vita precedente come se nulla fosse cambiato. E allora via ai party, allo yoga al parco (magari con bimbo al seguito appoggiato in un costoso passeggino guardato a vista da una tata), allo shopping, etc.

Ripeto: ma di quale esperienza stiamo parlando? Certo, nessuna di loro può raccontare di difficoltà economiche, del problema di trovare un nido decente al proprio figlio che non sia privato, della mancanza di una rete.

Perché il nodo è tutto qui: la maternità, per chi non si può permettere aiuti, a pagamento o familiari (come ha scritto anche Laura Cuppini su questo blog), è più dura da affrontare.

La donna, spesso, si ritrova sola. Fisicamente e psicologicamente disorientata. Ed è per questo che i blog, quelli più sinceri, scritti magari la sera tra una poppata e l’altra, a volte aiutano. Diventano luogo di incontro, di confronto, e di consolazione. Un fenomeno importante.

Tanto che a Milano, per esempio, il 24 settembre si terrà la terza edizione del Momcamp: il raduno delle mamme blogger. Un evento da seguire con attenzione e che sicuramente racconterà l’evoluzione di questo settore.

D’altronde, esperienze come quella di Heather Armstrong, creatrice di Dooce, oggi tra i primi cinque blog al mondo, è un faro per molte mamme blogger che vedono in questi diari online anche una possibile forma di lavoro e di guadagno.

E qui lancio una provocazione: in quelli che leggo, in molti, si sta perdendo la sincerità iniziale e si stanno riempiendo di banner pubblicitari, consigli per gli acquisti, pubblicità di prodotti… Insomma, il commerciale sta avendo la meglio sul personale. E questo, almeno in me, provoca un po’ di amaro in bocca.

Se mi collego a un blog, per di più di una mamma, voglio, per quel che è possibile, verità. Almeno lì. Altrimenti, che senso ha? 

E voi, seguite mummy blog? Vi interessano? Vi hanno aiutato?
Dite la vostra su questo fenomeno.